17 dicembre 2009

Le città intelligenti

Le citta intelligenti - e un po' "spione" - del futuro
di Federico Cella

Da circa un paio d'anni Ibm ci ha abituato a travestirsi da chiromante e fare previsioni sul nostro futuro. "Next Five in Five" è il nome del progetto - le cinque innovazioni per i prossimi cinque anni - che quest'anno Big Blue ha focalizzato su come si trasformeranno le città in cui viviamo. Dal miglioramento del sistema sanitario agli edifici intelligenti alle automobili a emissioni zero, tutti progetti affascinanti, in cui è ovviamente attiva la multinazionale americana.


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Guardarsi

... Però, il rimpatrio dell’antropologia non può fermarsi qui. In effetti, fatto il sacrificio dell’esotismo, l’etnologo ha perso quello che rendeva originali le sue ricerche rispetto a quelle disperse dei sociologi, degli economisti, degli psicologi sociali e degli storici.
Sotto il sole dei tropici l’antropologia non si accontenterebbe di studiare i margini delle altre culture. Anche se resta marginale per vocazione e per metodo, è comunque il loro centro che vuole ricostituire, il sistema di credenze, le tecnologie, le etnoscienze, i giochi di potere, le economie, insomma la totalità della loro esistenza.
Se ritorna al suo Paese si accontenta di studiare gli aspetti marginali della sua cultura, finisce col perdere tutti i vantaggi dell’antropologia, tanto faticosamente conquistati. [...]
Un Marc Augé simmetrico studierebbe non solo qualche graffito sui muri delle stazioni del metrò, ma la rete socio-tecnica del metrò stesso, i suoi ingegneri e conducenti, i suoi dirigenti e i suoi utenti, lo Stato proprietario e gestore, e via discorrendo.
Molto semplicemente, continuerebbe a fare nel suo Pese quello che ha sempre fatto laggiù. Ritornando, gli etnologi non dovrebbero limitarsi alla periferia, altrimenti, restando asimmetrici, dimostrerebbero coraggio verso gli altri e timidezza nei propri confronti.
(Bruno Latour, Non siamo mai stati moderni. Saggio di antropologia simmetrica, Elèuthera, 1995, pp. 123)

15 dicembre 2009

27 milioni di dubbi


L'articolo che trovate qui a fianco è stato pubblicato dal Messaggero Veneto verso la fine di settembre.
L'argomento trattato riguarda il finanziamento di 27 milioni di euro per la progettazione e la realizzazione dei primi cantieri di una viabilità alternativa all'esistente, che sia in grado di collegare Udine e Pordenone in 35 minuti di automobile.

Innanzitutto, oltre ad utilizzare strade già esistenti come descritto nell'articolo, verranno anche creati nuovi svincoli e "tangenziali" di paesi lungo il percorso, un tunnel, nonché verranno ex-novo tracciate nuove direttrici nel mezzo di una campagna friulana ancora intatta, quale quella in prossimità di Barbeano e Tauriano, e quella splendida nelle vicinanze di Plasencis e di Mereto di Tomba.

Ora, potrebbero essere fatti dei ragionamenti sulla cultura passatista che porta sempre a individuare come soluzione al problema del traffico la creazione di nuove strade, come se lo spazio fisico fosse infinito. Come se queste infrastrutture non avessero un impatto ambientale notevole sul territorio, anche in termini ecologici. Come se anni di ragionamenti non suggerissero l'impiego di sistemi alternativi di trasporto di persone e cose, come ad esempio una sana progettazione della rete dei treni locali.

Ma pragmaticamente, quello che mi preme dire è questo: per andare attualmente da Udine a Pordenone lungo la statale, 50km in automobile, si impiegano dai 40 ai 60 minuti, a seconda delle condizioni del traffico. Da venticinque anni, da quando ho la patente, so che se devo andare a Pordenone in macchina per un appuntamento parto un'ora prima.
Questa nuova opera mi permetterà di risparmiare (forse, perché sappiamo che poi il problema del traffico si ripresenterà anche sulle nuove strade) un quarto d'ora, venti minuti.
E tutto questo vale 27 milioni di euro, che a opera finita saranno diventati 40 (quaranta)?

Non si potrebbero utilizzare parte di quei soldi per ottimizzare il tracciato esistente, e per potenziare alternative maggiormente sostenibili?


13 dicembre 2009

Statistiche europee



Sempre interessanti le statistiche. Per avere un colpo d'occhio generale sull'Europa dei 27 potete puntare qui, sul sito di EuroStat.
Per vedere le percentuali in formato di grafico a barre, oppure sotto forma di mappa geografica, cliccate nella colonna di destra, nel riquadro "Country profiles", oppure provate a cliccare qui.

Per le tematiche affrontate da NuoviAbitanti, vi consiglio ovviamente di prendere in considerazione soprattutto le categorie "Information society", "Education", "Environment and Energy" e "Science and Technology", tramite il menù a discesa che trovate vicino alle mappe.

L'Italia, lo sappiamo, non è messa benissimo: spesso occupa posizioni medio-basse in molte "classifiche", nei diversi indicatori.
Sul piano dell'Educazione ci sono buoni numeri, specie nel settore delle scuole primarie, i quali però peggiorano se guardiamo il numero dei ricercatori oppure il livello di disoccupazione di persone con buon grado di scolarizzazione.
Dal punto di vista della Società dell'Informazione, siamo decisamente indietro come numero di connessioni a banda larga, come penetrazione di Internet sul territorio, ma siamo primi per numero di contratti di telefonia cellulare: ogni 100 abitanti in Italia ci sono 120 contratti telefonici, un mucchio di SIM che abitano nei telefoni.
Nella media, oppure valori ancor peggiori riguardano l'utilizzo che i cittadini italiani fanno della rete per comunicare con le Istituzioni e le Pubbliche Amministrazioni, nonché le statistiche riguardanti l'andamento del commercio elettronico.

Segnalo anche due documenti esplicativi in formato .pdf, in inglese.
Il primo riguarda lo Stile di Vita dei giovani europei, nell'età compresa tra i 15 e 29 anni. A che età i giovani mettono su casa, quali sono i livelli di istruzione, quanti hanno contratti di lavoro a tempo determinato, quanto frequentano cinema ed eventi culturali?

Il secondo riprende le statistiche sull'utilizzo di Internet, dando indicazioni specifiche sui comportamenti mediatici. Qui diventa importante comprendere la penetrazione della Rete nella fascia dei giovani (siamo vicini ad una frequentazione giornaliera, o almeno ogni due giorni nella larga percentuale dei giovani, in moltissime nazioni europee e indipendentemente dal livello di istruzione posseduto).


4 dicembre 2009

Internet per la pace?

Ora, c'è in giro questa proposta di candidare Internet al Nobel per la Pace del 2010. L'idea è promossa da Wired USA GB e Italia, vede numerosi sottoscrittori tra cui appunto un premio Nobel, personalità mondiali e in Italia tra gli altri Umberto Veronesi e Giorgio Armani, grosse aziende commerciali come Sony Ericsson, Tiscali, Fineco, Fastweb, Microsoft Italia, Telecom Italia, Unendo Energia, Vodafone Italia, Citroën e H3G.
All'indirizzo internetforpeace.org trovate il sito di riferimento, se volete potete firmare per manifestare il vostro sostegno all'iniziativa.

A me l'idea non piace.
Non mi piace la sua genesi commerciale: la scintilla delle buone idee umanitarie può certo venire anche alle aziende, intendiamoci, le quali però in questi casi creano delle fondazioni con organi rappresentativi e amministrativi super partes, ovvero degli enti morali da eventualmente sovvenzionare collettivamente per la promozione di una buona causa.
Non mi piace la scommessa su Internet in quanto strumento di pace, perché sappiamo che gli strumenti sono neutri, e il risvolto etico dipende dall'uso che le persone (e le multinazionali, e le lobby, e i governi) ne faranno nei prossimi anni. Nel caso di governi e aziende, stiamo parlando di persone che da pochissimo tempo si occupano "ufficialmente" di questi nostri territori digitali spesso per regolamentare e normare cose che non capiscono ma che avvertono come pericolose, e si muovono sulla scorta di mappe sbagliate, mutuate dalla comprensione dirigistica o mercantile dei massmedia tradizionali del Novecento, senza la cultura abitativa basata su valori di condivisione paritetica, apertura, disintermediazione, conversazione.
Non mi piace l'idea che si premi lo strumento stesso, o se volete l'ambiente: in quanto tecnologia abilitante, quelle che vanno premiate sono le persone che hanno saputo promuovere appunto lo sviluppo del Web in una direzione etica, quelli che qui dentro hanno lavorato per migliorare la qualità del nostro Ben-Stare su questo pianeta. Se volete premiate Berners-Lee in quanto simbolo, o meglio ancora venga dato collettivamente il premio alle cento o mille personalità che hanno costruito tecnicamente e umanisticamente questi Luoghi digitali negli ultimi quarant'anni, con un lavoro spesso oscuro e misconosciuto.
Oppure che il Nobel venga dato (in tal modo aiutandola: ci vorrebbero stanziamenti governativi promossi dall'ONU, a mio parere, per lo 0,02 del PIL di ogni nazione mondiale) a Wikipedia, la quale incarna nella propria filosofia e nel proprio operato l'idea di una libera circolazione delle idee (e potrebbe fare anche meglio).

Quello che mi piace sono le parole che hanno scelto per raccontare la proposta di Internet per la Pace, perché colgono il punto (e i copywriter sanno fare il loro lavoro).

Internet per la Pace
Abbiamo finalmente capito che Internet è molto di più di una rete di computer. E' un intreccio infinito di persone. Uomini e donne, a tutte le latitudini, si connettono tra loro, grazie alla più grande interfaccia sociale mai conosciuta dall'umanità.
La cultura digitale ha creato le fondamenta per un nuovo tipo di società.
E questa società sta promuovendo il dialogo, il confronto e il mutuo accordo attraverso la comunicazione.
Perché da sempre la democrazia germoglia dove c'è apertura, accoglienza, discussione e partecipazione. E da sempre l'incontro con l'altro è l'antidoto più efficace all'odio e al conflitto.
Ecco perché Internet è strumento di pace.
Ecco perché ciascuno di noi in rete può essere un seme di non-violenza.
Ecco perché la rete merita il prossimo Nobel per la Pace.
E sarà un Nobel dato anche a ciascuno di noi.



2 dicembre 2009

Il Parlamento dei bambini


Insegnanti, volete fare educazione civica in modo innovativo? Portate i bambini a visitare il Parlamento, ma non sul sito ufficiale, bensì su quello pensato apposta per loro. All'indirizzo http://bambini.camera.it trovate materiali informativi, gallerie fotografiche, glossari, iniziative ludiche per comprendere il funzionamento della Camera e dell'attività legislativa.