28 febbraio 2011

Cultura digitale

Carlo Infante:

La cultura digitale è in primo luogo l'opportunità per riconfigurare gli assetti sociali e culturali nell'era post-industriale, liberando le potenzialità collaborative nella disintermediazione delle risorse, a partire da quelle informative. Da subito si capì (già trent'anni fa) che si poteva diventare editore di sè stessi. In questo senso il web si sta rivelando un nuovo spazio pubblico, coniugando l'interattività digitale con una straordinaria interazione sociale possibile che va ben oltre il rumore dei social network massivi (che comunque ci fanno molto comodo perchè disseminano con una velocità sorprendente le nostre performance mediali). La creatività sociale delle reti ci permetterà di mettere in gioco una disponibilità che si rivelerà come una nuova rete del valore (nuovo paradigma che supera quello lineare della catena di montaggio, modello fondante del sistema meccanicistico che stiamo superando) grazie alle dinamiche del web 2.0 che non è un semplice update tecnologico ma un netto salto paradigmatico, un'evoluzione antropologica. E' qui che si gioca la scommessa più ardua, nell'intercettare quei nativi digitali che oltre a vivere come naturale questa nuova condizione artificiale (come tutte le culture, dopotutto) possono essere coinvolti nella costruzione di un ponte tra civiltà, riconoscendo il valore di trasformazione culturale avviato in questi ultimi decenni. Credo, in particolare, che vadano trovati i termini per mettere in relazione il mondo dell'avanguardia (che ha anticipato molti elementi delle culture digitali) con quella cultura dell'innovazione che non deve rimanere schiacciata nell'avanzamento esponenziale dell'offerta tecnologica. Servono nuove chiavi interpretative, mobili, dinamiche, come quelle che permettano un'interazione sensibile con il territorio, con le sue biodiversità, le sue architetture, il suo genius loci, per valorizzarlo e inscriverlo in un futuro digitale sostanzialmente glocal e sostenibile.

27 febbraio 2011

Cose di scuola

Leonardo:


Chi costringe chi a far cosa

Cari cattolici riformisti, liberali, o chiunque voi siate: io vorrei che fosse chiaro che, contrariamente a quanto sostiene Berlusconi, nessuno in Italia vi costringe a far studiare i vostri figli in una scuola pubblica. Voi potete, e da sempre, iscrivere vostro figlio a qualsiasi scuola vi pare e piace. E a me sta bene.
Purché ve la paghiate.
Perché in questo momento le cose stanno in questo modo: io, in quando contribuente, sono costretto a pagare, oltre per il servizio pubblico (come è giusto che sia), anche per i vostri buoni scuola. Ed ecco, questa idea che voi siate liberi di fare quello che volete, ma a spese mie, è la cosa che sopporto di meno in assoluto.
Sarà una coincidenza che l'unica volta in cui compare, nella nostra Carta Costituzionale, questa brusca espressione, "senza oneri per lo Stato", sia proprio in quel famoso art. 33? "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato". Possiamo pagare per molte cose, ma per la scuola dei vostri figli, grazie, no. Fatevene una migliore coi soldi vostri, se siete così bravi.

21 febbraio 2011

4° Festa della Decrescita, Trieste 10 e 12 marzo 2011


Quarta edizione della Festa regionale della Decrescita
Ulteriori informazioni sul blog della Rete di Economia Solidale del Friuli Venezia Giulia RESFVG e sulla relativa pagina Facebook.
L’evento si apre giovedì 10 marzo alle ore 17.00con una conferenza di Serge Latouche, presso l’aula Magna del liceo Galilei a Trieste. Al termine, partirà dallo stesso sito un pullman per una degustazione di “Sapori del Carso triestino”, previa prenotazione alla segreteria organizzativa. Verrà chiesta una modica somma per coprire i costi della cena e del trasporto.
Sabato 12 marzo la manifestazione riprenderà alle ore 9.30 presso l’Università degli studi, nelle aule del centro di calcolo, edificio H2 bis.

Subito assemblea plenaria con Francesco Gesualdi, animatore del Centro nuovo modello di sviluppo.
Quindi, ci distribuiremo fra 8 laboratori corrispondenti al programma delle 8R proposte da Latouche. Al mattino ogni laboratorio esaminerà un elenco di buone pratiche relative alla sua “R”, buone pratiche già raccolte attraverso la scheda che si allega o individuate attraverso vari canali.

Se avete a vostra volta praticato o siete a conoscenza di buone pratiche, potete segnalarle anche tramite la citata scheda (disponibile sul blog della RESFVG) e inviarla agli indirizzi in essa riportati.
Dopo la pausa pranzo, i laboratori torneranno a riunirsi per fare una selezione delle buone pratiche esaminate, per proporle ai singoli cittadini, a gruppi, alle Istituzioni pubbliche.

Andremo quindi in plenaria per fare insieme sintesi e decidere come dare attuazione alle buone pratiche. Vogliamo infatti sfuggire al vecchio detto: “passata la festa, gabbato lo santo”. Se condividiamo le analisi di Latouche, dobbiamo metterci insieme, fare rete e promuovere la transizione verso una società ed un’economia solidale ed ecocompatibile.

20 febbraio 2011

Agenda Digitale per l'Italia

Un articolo di Stefano Quintarelli per il Sole24ore

In Australia, l'anno scorso, la strategia sulla rete digitale è diventata per i media «uno dei punti di divergenza più drammatici tra i partiti in campagna elettorale». Dopo le elezioni, sono risultati decisivi i parlamentari indipendenti che hanno orientato il loro voto verso i Labor proprio per il programma di rete in fibra più coraggioso.
Il commissario europeo per la Società dell'Informazione, Neelie Kroes, ha lanciato l'Agenda digitale europea per indicare la strategia fino al 2020 e la considera elemento cardine di sviluppo e sostenibilità socioeconomica.
Secondo uno studio di Boston Consulting Group, nel Regno Unito la «internet economy» vale il 7,2% del Pil, più del settore sanitario, e il governo ha sviluppato il piano «Digital Britain» per garantire al paese un futuro tra le maggiori economie del sapere digitale. Il Technology Strategy Board ha definito le linee guida strategiche per settori fortemente condizionati dalle tecnologie digitali quali l'Ict, l'elettronica e la fotonica, la generazione e fornitura di energia, i materiali avanzati e la manifattura ad alto valore aggiunto.
L'Italia affronta da tempo un ritardo, non solo economico, ma anche infrastrutturale e culturale, rispetto alle principali economie occidentali. Abbiamo subito una perdita di competitività anche rispetto ai nostri principali partner europei. Tra il 1998 e il 2008 il costo del lavoro per unità di prodotto nel settore privato è aumentato del 24 per cento in Italia, del 15 in Francia; è diminuito in Germania. L'affermarsi dell'economia della rete digitale rende necessario affrontare trasformazioni radicali dei modelli di sviluppo. Secondo un rapporto del l'International Telecommunication Union al mondo ci sono 161 paesi che si sono dotati di una strategia digitale, ma l'Italia non è in questo elenco.
Non mancano le iniziative significative in Italia. Ma non c'è una visione né un dibattito politico in materia. Eppure, molti studi indicano che i differenziali di crescita e di produttività che si sono sviluppati negli ultimi 10 anni tra i principali paesi sono spiegati dalla diversa intensità con cui imprese, pubbliche amministrazioni e individui hanno investito in Ict. Per questo molte persone si sono unite all'appello per un'Agenda digitale per l'Italia che si trova su www.agendadigitale.org.

17 febbraio 2011

Appunti sul mondo editoriale

Cultura digitale, flussi di narrazione, socialità in Rete.

Una parola sul dizionario può possedere molti significati, ma è il qui-e-ora della situazione enunciativa, è il reale contesto conversazionale in cui essa viene pronunciata che determinerà il senso di quella parola, fosse anche dentro un libro che dialoga col lettore. E’ il contesto che, selezionando e negoziando i significati pertinenti rispetto all’orizzonte di attese degli interlocutori, stabilisce una certa omogeneità nell’interpretazione e quindi una narrazione nel tempo, grazie alla cooperazione di tutti gli attori coinvolti nella circostanza. 

L’editoria, intesa qui come secolare attività umana tecnologica industriale e economica, si accorge in quanto attore sociale dell’inadeguatezza del proprio discorso, del proprio fare attuale. Sono cambiate le circostanze, le pratiche umane della produzione e della fruizione di oggetti culturali, i modi della comunicazione, la forma tutta della società e della socialità. 

Oggi c’è la Rete Internet, ovunque, tra di noi. La indossiamo con i telefoni cellulari, siamo permanentemente connessi, i flussi informativi e documentali con cui interagiamo abitano su molti dispositivi e in molti Luoghi digitali. Trattandosi di tecnologie abilitanti, le innovazioni abitano già anche dentro la nostra testa, nel modo in cui pensiamo la progettazione editoriale e la relativa opera di pubblicazione. Anzi, i significati di parole come “libro”, “autore” o “lettore”, “massmedia”, “biblioteca” o “libreria”, “filiera editoriale” hanno già concretamente oggidì assunto un altro senso, alla luce della rivoluzione sociale che il Web e la Cultura Digitale hanno reso possibile.

Vi sono delle nuove caratteristiche tecnologiche da comprendere per i supporti della Conoscenza, c’è un nuovo pubblico e un nuovo mercato, ci sono nuovi ambienti sociali digitali dove tutto riecheggia, nell’incessante Grande Conversazione.

Sono necessarie abilità e competenze aggiornate per il mondo editoriale, a partire da un saper scorgere il cambiamento culturale in atto, al saper ascoltare le conversazioni delle cerchie sociali digitali e delle community, passando per l’acquisizione di nuove tecniche produttive, di rinnovati modelli di organizzazione aziendale e di strategia di mercato, arrivando a padroneggiare il management della reputazione e del proprio abitare in Rete.