Anche se l'artefatto da indagare è una casa.
LO.Artefatto » SlideShare
Il mondo cambia. Le generazioni biodigitali vivono nuovi spazi interumani.
Con uno sguardo ecosistemico glocale, ci accorgiamo delle reti relazionali e tecnologiche che innervano il territorio, della nostra appartenenza storica ad una collettività in cambiamento: diventa possibile progettare la socialità, interagire con la conoscenza, abitare consapevolmente.
Dalla Cultura Tecnoterritoriale alla Cittadinanza Digitale
Il futuro, a mio personale avviso, è nella geologia profonda, nella vulcanologia, nella sensoristica avanzata e nella simulazione 3d, nella trivellazione non convenzionale, nei materiali estremi, nella robotica sottomarina e geologica, nella progettazione offshore (anche e direttamente di impianti remotizzati sul fondo marino), nella propulsione elettrica generalizzata, nelle nanotecnologie, nello storage di elettricità, nella gestione idrica avanzata, negli impianti collettivi e ottimizzati di climatizzazione, nell'architettura e urbanistica climatica, nelle tecniche di desalinizzazione e di fertilizzazione o rifertilizzazione di terreni aridi o inariditi....e infine nella grande ingegneria delle dighe.
Cultura popolare e cultura senza aggettivi:
IL TEMPO NELLA GLOBALIZZAZIONE
Pensare – fare: i tempi del frattempo e della distinzione
E’ privilegiato chi ha il vantaggio di usare i tempi lunghi
Far passare il tempo- il passatempo: il senso del gioco
Il problema della tradizione e del suo uso:
CONTEMPORANEO - GLOBALIZZAZIONE
‘VERIFICA’ INASPETTATA che si sta bene insieme
esistono RITI FREDDI E RITI CALDI, quelli caldi hanno sempre qualcosa di inaspettato che viene dalla partecipazione di chi fa il rito, per cui ad un medesimo rito si può dire, si è svolto come al solito (ossia lo si è CELEBRATO), oppure mi è piaciuto come fosse la prima volta, mi sono sentito scorrere qualcosa dentro /rito VISSUTO…
METICCIARE I RITI è costruire nuovi riti
L’ISOLAMENTO E AGGRESSIVITA’:
Si gioca stabilendo LE REGOLE DEL GIOCARE E STARE INSIEME.
La regola non è solo un vincolo, è la garanzia che si sta e si vuole giocare insieme.
1 - Noi non abbiamo rapporti diretti con il passato, abbiamo rapporti con segni del passato. Ma i segni non sono il passato, sono tracce molto ridotte e incomplete e sarebbe un grave errore confondere i segni con il passato. Confrontandoci con dei segni noi siamo indotti (sempre che abbiamo l’atteggiamento positivo e attivo) ad immaginare quanto è legato ai segni e a collocarli in una scena. La storia è questa capacità di trasformare segni in scena.
2 – La scena è per questo motivo sempre precaria, perché se sopraggiungesse un segno nuovo, prima non trovato o a cui non era stata data rilevanza, allora anche la scena può mutare o addirittura sconvolgersi, come quando il ritrovamento di una nuova tessera di mosaico offre una diversa chiave interpretativa di una scena che risultava difficile o incomprensibile. Oppure porta a rimetter tutte le tessere in maniera differente, perché vi sia coerenza con la nuova tessera, per cui il dettaglio nuovo richiede una scena nuova.
3 - L’immaginazione è quindi una funzione sempre attiva assieme al rigore. Il rigore da solo offre l’erudizione storica, ma l’erudizione è cieca e costruisce soltanto collezioni o peggio magazzini. La vita però non è né collezione né magazzino.
4 – Il passato pertanto non è mai definitivamente un dato, ma un provvisorio transito in attesa di eventi insperati che ci consentano di immaginare diverse situazioni di vita.
5 – In questo senso (apertura al non noto e all’inaspettato) il passato non è molto diverso dal futuro. Entrambi cercano delle situazioni che non ci sono completamente.
6 - Il passato emozionalmente rassicura perché ci sembra di averlo già (mentre è una ricerca continua), mentre il futuro non è ancora stato e lo si vive con un indice di incertezza maggiore. In realtà sono due forme di incertezza, ma anche due forme di apertura.
7 – Il passato è gestito dal desiderio di trovare conferme e va in cerca di emozioni di solidità. Il futuro è segnato da emozioni di attese e di progetti, pertanto emozionalmente è orientato dalla volontà e dalla decisione di far emergere quello che ancora non c’è.
8 – Gli amanti del passato corrono il rischio di credere che la vita sia già stata, mentre è un mistero aperto. Gli amanti del futuro corrono il rischio di non amare il presente e di fuggire in un mondo solo immaginato.
9 - Forse l’equilibrio è nel senso di realtà che ci fa agire qui, adesso con le risorse effettive che ci sono e con il patrimonio che coscientemente abbiamo acquisito dal passato, per dare un senso e una praticabilità al tempo che ci sta davanti dove si esprime la dimensione possibile della vita. Dimensione che richiede conoscere e immaginare plausibilmente con forte motivazione e rigore.
10 - Occorre però lasciarsi aperta la via per lo stupore: il sentimento vivo che accoglie il tempo come dimensione solo in parte (piccolissima) nelle potenzialità degli umana, perché la fonte del fluire è nel cosmo che va dall’inconscio fino all’ultima galassia, passando per i sentieri del pianeta. Il tempo è un tentativo di ordine e comprensione di un flusso che in gran parte ci sovrasta.
Ecco perché è più rassicurante affidarci a piccoli segni, (fotografie, lettere, stampe, dipinti, sculture, libri, oggetti, edifici, strade, ecc.), perché ci sembrano alla nostra portata. E con loro ci sembra di ricostruire bene le scene.
Ma anche le montagne e le forme delle coste e i crateri della luna e le comete che girovagano sono segni. Scene però in cui per lo più ci si sente estranei.
Anche progetti di architettura e di città sono segni. Segni di possibile futuro e scene fattibili. Per quanto complessi ci sembrano alla nostra portata. Tempo futuro fattibile.
Forse in fondo andiamo alla ricerca di costruire o ricostruire segni e scene rassicuranti. Su un fondale splendido di presenza sconfinata e sconosciuta.
Patrizia Magnoler, Università di Macerata, presenta una ricerca su un attività di formazione degli insegnati che ho apprezzato molto soprattutto perché da questa ricerca scaturiscono dei risultati che, banalmente, servono a qualcosa. Scusatemi se è poco.
Insegnante come professionista. Patrizia citando (Perrenoud 1996, p. 154) ci dice perché “professionista”
Il professionista realizza in autonomia delle operazioni intellettuali non routinarie che impegnano la sua responsabilità.
Il professionista è autonomo non solo perché è in grado di autocontrollare il suo operato, ma anche di guidare, al tempo stesso, il suo apprendimento attraverso un’analisi critica delle sue pratiche e dei risultati di queste.
L’insegnante ha a sua disposizione conoscenza che nasce da contesti disparati (formali, non formali ed informali). Se il suo “repertorio” conoscitivo è tanto vasto, la questione diventa: coma e passare da una azione reattiva ed implicita ad una deliberativa, quindi consapevole? La risposta che Patrizia da è nell’uso sistematico ed intenzionale della riflessione.
Lo strumento da lei usato è l’e-portfolio usato come artefatto cognitivo per sostenere il ripensamento e la riorganizzazione di scritture della propria pratica professionale. Centrale diventa, quindi, la scrittura effettuata in spazi diversi (blog, diari di project work) su cui riflettere (sulla base di un set ben selezionato di domande) per diventare consapevoli della propria azione e per modellizzarla. Domande come scaffolding della riflessione.
Interessantissimo il risultato emerso. Quale è l’apprendimento di maggior valore sviluppato? I saperi partici, teorici o pedagogici? No, grande valore ha avuto apprendere l’importanza della riflessione sulla pratica professionale al fine del miglioramento della stessa!!!!
Patrizia conclude (citando Altet, 1996) affermando che:
La formazione dovrebbe proporre dispositivi diversificati e complementari che sviluppino il saper analizzare, il saper riflettere, il saper giustificare, attraverso un lavoro dell’insegnante sulle proprie pratiche e le proprie esperienze. Sono queste metacompetenze che permettono all’insegnante di costruire le proprie competenze di adattamento, caratteristiche dell’insegnante professionista.