27 aprile 2009

Beni culturali friulani su web, 3D e cellulari


Fonte: Agi

Il patrimonio storico-artistico del Friuli Venezia Giulia, gia' catalogato dal centro di Villa Manin di Pasariano (Udine) integrato con altri data-base, entro un paio d'anni sara' a disposizione di tutti sul web con un semplice 'clic' oppure in altre modalita' come cellulari e modelli 3D.
Ne potranno usufruire sia turisti, sia cittadini, visitatori di musei, siti archeologici e beni storici e artistici presenti sul territorio.

Lo prevede il progetto Informatica e web per i beni culturali, servizi innovativi mobili e 3D per il turismo, finanziato dalla regione Fvg e al quale lavorano da un anno i Dipartimenti di storia e beni culturali, di matematica, informatica e georisorse dell'Universita' di Udine assieme a Friuli Innovazione e alla sovrintendenza del Friuli Venezia Giulia.

"Con questo progetto il Friuli Venezia Giulia emerge a livello nazionale per qualita' della ricerca, concretezza e innovazione con ricadute immediate sul territorio e in questo caso sulla valorizzazione dei beni culturali", ha detto, congratulandosi con Friuli Innovazione e Universita' di Udine, l'assessore regionale al lavoro, universita' e ricerca Alessia Rosolen.
Complimenti accolti con gratitudine dal rettore dell'Universita' di Udine, Cristiana Compagno che ha sottolineato come "qui al Parco si vedono sempre piu' spesso nascere le cose, si tocca con mano come delle idee diventino progetti e poi realta' per il territorio" e dal presidente di Friuli Innovazione e sindaco di Udine Furio Honsell che ha ricordato come in questo progetto si siano "coniugate mirabilmente le conoscenze informatiche con quelle della conservazione dei beni culturali", due settori nei quali l'Universita' di Udine vanta primati nazionali per aver dato vita alla prima facolta' di Conservazione dei beni culturali e fra le prime in informatica d'Italia.
"In momenti come questi si apprezza ancor di piu' - ha aggiunto Honsell - come sia indispensabile investire in cultura, perche' solo cosi' si costruisce il futuro".

E' stata la prof. Donata Levi dell'Universita' di Udine a presentare il progetto, giunto alla fine del primo anno e che proseguira' nei prossimi due e che prevede di mettere a disposizione di tutti sul web il patrimonio storico artistico del Fvg gia' catalogato dal Centro di Villa Manin, integrato con altri database sulle vicende conservative e sui cantieri di restauro. Una quantita' enorme di dati, e immagini, che saranno disponibili anche in altre modalita' (cellulari e modelli 3D). Ne potranno usufruire sia turisti sia cittadini, visitatori di musei, di siti archeologici e di beni storico-artistici presenti sul territorio. Sul progetto, finanziato dalla Regione, stanno lavorando da un anno i Dipartimenti di Storia e tutela dei beni culturali, di Matematica e informatica e di Georisorse dell'Universita' di Udine, Friuli Innovazione e la Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia.


13 aprile 2009

Scuola, lavagne, web20

Sul sito dell'Agenzia NAzionale per lo Sviluppo dell'Autonomia Scolastica (ANSAS, ex-Indire) è disponibile il report Formazione Scuola 2008, relativo agli stili di apprendimento legati alla Lavagna Interattiva Multimediale (LIM).
L'argomento delle lavagne digitali connesse in queste ultime settimane è molto dibattuto, al pari delle interpretazioni e degli impliciti legati all'espressione "nativi digitali"... partendo dal blog di Gianni Marconato potrete risalire alle varie discussioni e riflessioni che son fiorite al riguardo nei Luoghi web dove si prova a mettere chiarezza sul ruolo di queste tecnologie in classe, e dell'impatto che esse hanno sullo stile di apprendimento del gruppo-classe.

Più volte qui su NuoviAbitanti si è provato a esprimere un punto di vista sulla questione delle Tecnologie didattiche e dell'Educazione (queste ultime in quanto non strettamente legate ai curricoli, ma a esempio relative alla Cittadinanza), ma sempre si è cercato di tenere appunto fermo il focus del discorso sulla questione dell'apprendimento, il vero "risultato atteso" del fare scuola, dove gli obiettivi sono costituiti dall'acquisizione di competenze (e sempre più va tenuto in considerazione il saper-fare digitale da promuovere nei giovanissimi, anch'esso non necessariamente correlato alle discipline scolastiche, anzi), mentre le azioni sono date dal allestimento strumentale e concettuale di un ambiente formativo, ormai necessariamente biodigitale fisico-mentale-digitale, non più costretto dentro muri e anzi capace di ospitare il mondo in sé, dove per un insegnante sia possibile gestire registicamente molteplici flussi di informazioni e di narrazioni in entrata e in uscita con cui arricchire l'esperienza formativa della classe, in maniera indifferente rispetto agli strumenti e ai media utilizzati.

Ma sappiamo che nel caso delle ex-nuove tecnologie la percezione strettamente strumentale del computer, della lavagna interattiva o dei Luoghi formativi online diventa un ostacolo ulteriore da abbattere (una non aggirabile pars destruens da affrontare nella progettazione del percorso formativo) rispetto al raggiungimento di apprendimento significativo, perché la stessa vecchia visione culturale degli strumenti didattici impedisce di cogliere nel computer in classe e nel web in classe (e nella scuola che dialoga finalmente con il territorio e con il mondo) quelle caratteristiche che rendono questi ultimi diversi dalle lavagne in ardesia, o anche da un televisore con un videoregistratore collegato.

Non abbiamo a che fare con supporti muti o con depositi fermi di conoscenze come i libri, che l'insegnante volta per volta deve rendere eloquenti vivificandoli con la propria cultura ed esperienza. Superare, tra-guardare lo strumento pc o lavagna digitale ci porta dritti sul web, porta il web dentro la classe, e quindi ci situa in una dimensione non solo ricettiva, da consumatori di informazioni, ma sempre più produttiva di contenuti, da pubblicare ovvero rendere pubblici, aperti alla visione e alle considerazioni degli altri, in una scuola con molte finestre e molte porte, costantemente connessa con le comunità educanti di riferimento.

Queste considerazioni dovrebbero portarci infatti a privilegiare una concezione piuttosto sociale di questi dispositivi connessi, come veri e propri ambienti formativi in sé, in modo simile a come siamo disposti a conferire a un buon libro un valore educativo in sé, in quanto microuniverso narrativo: un libro deve essere da noi abitato e riempito di senso dialogico nel momento del leggerlo, come le mappe satellitari in quanto imprescindibile sostegno alla didattica e alla cittadinanza vanno abitate e arricchite di senso per il tramite della nostra produzione culturale originale, da apporre poi coerentemente nei marcatori geografici, per fare in modo che la mappa stessa oltre al significato "verticale" dello sguardo che osserva il territorio possa veicolare quella visione "orizzontale" fatta di percorsi antropici, di Luoghi di particolare significatività storica, di considerazioni di geografia umana.
Ma appunto leggere un libro, abitarlo, rimane un fatto privato, mentre abitare il web diventa un fenomeno pubblico, sociale, che non può essere compreso dall'interno di una prospettiva solamente strumentale.

Le osservazioni delle lezioni hanno cercato di mettere in luce le funzioni della LIM più frequentemente attivate. In continuità con le attività tradizionalmente condotte con la lavagna d’ardesia, le funzioni prevalenti sono state scrivere, disegnare, evidenziare; diffuse anche le presentazioni di animazioni e simulazioni e l’uso di learning object o software applicativi. Bassa invece la frequenza di funzioni legate al web, come la navigazione in rete; del tutto assenti infine le funzioni connesse alle potenzialità comunicative della LIM, come la videoconferenza che consente di attivare su di una medesima lezione aule remote (ospedale, PC casalingo, aula gemellata). I docenti sembrano ancorare la LIM al contesto classe senza spingersi oltre i confini dell’aula fisica.

Queste righe del report ministeriale confermano questa prospettiva interpretativa, secondo cui gli insegnanti alle prese con la tecnologia delle lavagne digitali rimangono ancorati ad atteggiamenti tradizionali rispetto allo strumento, senza appunto esplorare e saggiarne le nuove potenzialità. L'utilizzo è quello tipico del "supporto visivo", anche se va sottolineato il recepimento del cambiamento di "postura" dell'insegnante, che in simile situazione di apprendimento da intendere come "realtà aumentata" comprende il valore del ricoprire via via ruoli differenti nel corso dell'esperienza (esperto dei contenuti, facilitatore, conduttore di gruppi), nonché la necessità di ri-progettare la strutturazione dei percorsi formativi secondo le nuove potenzialità espressive delle LIM.

Vengono anche sottolineati i diversi stili di partecipazione da parte degli studenti, ovviamenti sollecitati alla collaborazione attiva da parte dello strumento LIM, dove
... predominanti sono stili intellettivi “logico” e “verbale”, in continuità con la didattica tradizionale, con un rafforzamento dell’intelligenza “visiva” consentita dal codice iconico del quale si avvale la LIM .
Laddove lo studente è chiamato ad agire direttamente sulla LIM, la dimensione manipolativa consente di attivare anche l’intelligenza “cinestetica”. La forte attivazione dell’intelligenza “intrapersonale” (51%), legata soprattutto alla registrazione degli esercizi degli studenti per la costruzione del portfolio personale e per la valutazione.
Il mancato uso di strumenti di comunicazione online si traduce in un basso livello di attivazione dell’intelligenza “esistenziale” connessa alla conoscenza di sé stessi in contesti di simulazione e alla sperimentazione di nuovi ruoli o stili relazionali (per esempio in contesti wiki o community online).

Segnalo anche due interessanti articoli su Insight, l'Osservatorio europeo per le nuove tecnologie e l'educazione, a cui sono giuto tramite European Schoolnet, il portale europeo per l'educazione.
In particolare, sul blog di Insight potete trovare un documento report promosso dalla European Commission's Joint Reasearch Center (JRC) in collaborazione con la Direzione Generale per l'Educazione e la Cultura (DG EAC), riguardante l'impatto degli strumenti web 2.0 sull'educazione in Europa.
L'utilizzo di wiki, blog, social network è diventata una pratica quotidiana a scuola? Lentamente, stanno cambiando gli stili di approccio, e si cominciano a scoprire nuovi territori per l'apprendimento, stanno prendendo forma vie innovative per utilizzare gli strumenti2.0 in classe: è possibile seguire le pratiche nei settori del sostegno classico alla didattica, del networking (quando gli strumenti comunicativi e sociali riescono a costituire una vera e propria comunità d'apprendimento), dell'integrazione dell'apprendimento in collettività ampie, del coinvolgimento della Società.

Il report "Horizon" edizione 2009 sull'educazione fino a dodici anni mostra invece i fattori emergenti delle tecnologie didattiche, dislocandoli in tre prospettive differenti sul piano temporale: gli ambienti collaborativi e la comunicazione online saranno di uso corrente entro il 2010, l'adozione di tecnologie mobili (tramite telefoni cellulari, a esempio) troverà ampio riscontro in un'orizzonte a medio termine, mentre gli ambienti di personal web (da tradurre poi in PLE, Personal Learning Environment) prenderanno piede tra quattro o cinque anni a partire da ora.
La ricerca identifica inoltre molte variabili in grado di influenzare l'insegnanmento, l'apprendimento e la creatività nelle scuole di base; tra quelle a maggior impatto, sono da segnalare la tecnologia in quanto presente nella vita quotidiana (studio, lavoro, socializzazione); la tecnologia per motivare gli studenti, e non più da concepire come veicolo di isolamento sociale; il fatto del web in quanto ambiente di esperienza personale; una nuova concezione degli ambienti di apprendimento sempre più interdisciplinari, basati e vivificati da community centrate sulla collaborazione e la comunicazione online; una nuova percezione della creatività e dell'innovazione in quanto stimate abilità professionali.
Nell'elenco di quelle che possono essere considerati i maggiori inibitori (dove può esserci una sfida, insomma) del cambiamento, vengono indicati il bisogno crescente di educazione formale sulle nuove abilità richieste dalla TIC, come alfabetizzazione digitale ma anche "visuale", in relazione ai nuovi meida; l'ostacolo costituito dalla vecchia letteratura scolastica e dalle vecchie prassi didattiche; un apprendimento troppo spesso sottovalutato e raramente praticato in quanto processo che riesca a incorporare esperienze di vita reale; la struttura stessa delle istituzioni educative, che non favorisce i cambiamenti oggi necessari nel fare scuola.

11 aprile 2009

Lavorare su Facebook (anche per insegnanti)


Rimango fermo sulle mie idee: in Rete esistono Luoghi migliori di Facebook per provare a fare didattica online, specificamente disegnati per le esigenze degli insegnanti e degli studenti, ovvero pensati nativamente come ambienti di apprendimento.

Sto parlando di ambienti 2.0, totalmente web-based - l'unico software necessario per la partecipazione è costituito dal browser - ed escludo per seguire il filo del ragionamento quegli ambienti ad esempio di e-learning come Moodle, che richiedono di essere installati su un proprio spazio web acquistato presso un provider, configurati e amministrati anche tecnicamente da parte nostra. In questi giorni si vocifera di una peraltro lungamente attesa integrazione tra Moodle e GoogleApps, che riuscirebbe a rompere l'esclusività e la percezione di Luogo conchiuso che caratterizza Moodle, aprendolo ai flussi da e verso il web, permettendo di arredare ad esempio l'ambiente di apprendimento scolastico (ogni scuola dovrebbe offrire "spazi attrezzati" su qualche proprio dominio) con le produzioni documentali che normalmente alloggiamo sui siti specializzati nell'ospitare video o presentazioni mutlimediali.

Perché credo che sia buona cosa che gli insegnanti abbiano comunque i loro molteplici luoghi personali di pubblicazione su web (vedi PLE Personale Learning Environment), da riproporre e linkare dentro gli ambienti di apprendimento reticolari, piuttosto che svolgere la loro attività esclusivamente dentro questi ultimi, senza che il loro fare risulti visibile e condivisibile all'esterno.

Tralascio anche le considerazioni di tipo "etico" sull'utilizzo di Facebook, se siete interessati ho provato a parlarne qui e qui.

Ogni insegnante, oppure ogni classe, potrebbe predisporre un proprio ambiente di social networking usando Ning (anche Eelg è piattaforma simpatica, di quelle però da scaricare e installare come Moodle), dove grazie alle tecnologie di tracciamento offerte dai feed RSS e alle finestre di visibilità widget da allestire sulle proprie pagine sul socialnetwork risulterebbe facile far confluire tutta la produzione documentale elaborata dal gruppo classe e altrove allocata, e insieme provvedere strumenti per la valutazione della comprensione da parte dei discenti, quali forum e bacheche specifiche per le discussioni corali sulle tematiche proposte dagli insegnanti.

Avendo le proprie presentazioni o documenti .doc .pdf su Slideshare o su Scribd, i propri video su YouTube o su Vimeo, incastrando video e presentazioni con Zentation, mostrando le vostre foto su Flickr, lavorando attivamente sulle mappe satellitari della propria zona arricchendole di contenuti originali sviluppati nel corso delle attività didattiche, collaborando sui wiki creati con PBWiki o Wikispaces o Wikia, sfruttando a fondo le potenzialità offerte dagli strumenti del vostro account Google quali GMail o il Calendario condiviso e collaborativo, l'imprescindibile GoogleDocumenti per scrivere e pubblicare pagine web, l'altrettanto fondamentale aggregatore Reader per nutrire e tenere aggiornata la cultura del gruppo di lavoro, e riportando tutte le attività che ogni singolo partecipante svolge autonomamente su web su tutti questi e su altri Luoghi all'interno del "social network di classe", già ottengo un ambiente flessibile e potente, capace di accentrare le funzionalità operative e quindi connotato identitariamente in modo stabile, riconoscibile nel tempo in quanto esplicito Luogo di apprendimento online ufficialmente firmato dalla scuola e dall'insegnante.

Se proprio proprio volete insistere su Facebook, tramutatelo almeno in un ambiente meno dispersivo, arredandolo con degli applicativi web di terze parti che potranno concorrere a rendere più efficace il vostro quotidiano lavoro di insegnanti su quella piattaforma.
A questo indirizzo su Selectcourses.com trovate cento 100 risorse per la produttività personale e per l'insegnamento da utilizzare dentro FB, organizzate secondo categorie: ci sono strumenti per mettere in luce le connessioni sociali, la gestione dei documenti e la loro condivisione, per le funzioni di ricerca delle informazioni, per la gestione dei gruppi di lavoro, per l'organizzazione lavorativa, nonché strumenti specifici per l'apprendimento e lo studio, da utilizzare anche con approccio ludico.

Enjoy and happy teaching.

5 aprile 2009

La Scuola di domani: aperta, connessa, sociale.

La Scuola di domani: aperta, connessa, sociale.
Giorgio Jannis

Cambiamento è la parola chiave di questi nostri anni. Una parola che può servirci per etichettare efficacemente il rapidissimo modificarsi delle strutture sociali degli ultimi decenni, e al contempo spinge il nostro agire attuale verso nuove forme di organizzazione del vivere, verso un necessario ripensamento e conseguente riprogettazione del fare umano rispetto ai territori d'insediamento e agli spazi di socialità oggi indifferentemente biodigitali.

I territori abitativi interpretati secondo visioni sistemiche emergono nella percezione come stratificazioni di epoche lontane, nelle tecnologie del mondo agrario e di quello industriale – le strade e le ciminiere, i tralicci e le bonifiche – ovvero come reti comunque tecnologiche di produzione e distribuzione dal forte sapore connotativo del Paesaggio, a cui oggi va aggiunta la tecnologia miniaturizzata e invisibile delle reti di connessione dei telefoni cellulari e di Internet, dove il web sta maturando in sé la capacità di offrire all'umanità un ambiente in cui intrattenere comodamente proficue relazioni sociali e notevolissimo scambio informativo ed espressivo con altre persone, fino al punto di farci ormai ritenere connaturata al nostro esercitare Cittadinanza Attiva la possibilità di poterci esprimere liberamente in Rete e da quest'ultima trarre informazioni dalle plurime fonti disponibili. Anzi, la presenza nelle legislazioni di un esplicito “diritto di banda” per ogni cittadino permetterebbe un ottimo confronto del grado di civiltà raggiunto dai singoli Stati, in quanto rappresentazione della libertà espressiva e dell'apertura alla Società della Conoscenza, come valore fondamentale per i tempi a venire.

Conseguentemente, si profila la necessità di provvedere una certa Educazione alla Cittadinanza attiva, proprio perché le tecnologie della comunicazione - il cinema, poi la radio, la tv, il web: sono i nuovi luoghi del Novecento in cui l'umanità racconta sé stessa – ovvero le principali responsabili della presa di coscienza collettiva della Transizione che stiamo vivendo, rendono sempre più diffusa la possibilità (il diritto!) per tutti noi di partecipare al dibattito collettivo, nei termini di consultazioni pubbliche o di veri propri atti di democrazia partecipativa, da concepire soprattutto con attenzione agli aspetti di governo locale del territorio. Come dire, qui bisogna dotare le persone di competenze digitali, per una questione di civiltà: l'accento va posto sulle dimensioni sociali delle nuove tecnologie, e non sugli aspetti tecnici dello strumento computer quale finestra per accedere alle forme di Abitanza digitale nel web.

La Scuola, quale luogo istituzionale deputato alla formazione del Cittadino, credo sia riuscita negli ultimi tempi a portare in luce, ragionando sul proprio fare, una distinzione importante riguardo l'utilizzo didattico delle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione, dove finalmente a fianco di una funzione puramente strumentale di queste ultime (l'utilizzo di programmi di videoscrittura e di fogli di calcolo, oppure i software specifici per aspetti tecnici) emerge una considerazione sul loro essere piuttosto degli “ambienti di vita”, con cui tutti noi interagiamo quotidianamente, che si tratti di web o di cellulari o altri schermi. Disporre di spazi di espressione multimediali e pubblici, come i forum, i blog, i wiki, gli archivi audiovideo e le mappe satellitari, e utilizzarli tranquillamente nel flusso delle attività didattiche in classe (comprendendone le peculiarità social web, ovvero partecipative e collaborative) rende chiaramente percepibile il flusso di informazioni, ora aumentato e bidirezionale, che scorre tra la società e quella Scuola che ritiene importante essere un attore sociale trasparente e attento, aperto alla comunicazione con il territorio.

Purché gli insegnanti vedano nel computer una finestra verso un mondo ricco di socialità e di espressione di sé, e non come una macchina per scrivere; purché i PC in classe diventino “trasparenti” come lo sono i libri e le lavagne, supporti tecnologici dell'apprendimento ormai inglobati nel flusso delle progettazioni didattiche; purché le aule scolastiche siano percepite come “stanze senza pareti”, dove risulti facile consultare risorse del territorio e portare il mondo dentro la scuola, in uno scambio osmotico garanzia di aggiornamento costante e sintonia tra sistema formativo e società tutta.

Ecco, una scuola senza muri, liberamente attraversata da flussi fisici ed elettronici di persone e idee eppur riconoscibile nella sua identità istituzionale di Luogo formativo, dove strumenti di connettività personale rendano possibile far lezione ovunque e dove qualsiasi risorsa dello scibile umano sia disponibile all'istante, senza interrompere il flusso della narrazione gruppale con cui docenti e allievi, in presenza o a distanza, esplorano gli argomenti di studio e ri-giocano la realtà ricontestualizzando le conoscenze apprese dentro contenitori online condivisi e collaborativi, potrebbe essere una buona palestra alla Cittadinanza intesa in senso moderno, in un mondo fatto di ambienti di vita (di crescita) fisici e digitali in rapida trasformazione.

2 aprile 2009

Maragliano, Infante: digital inclusion

Alcune suggestioni per una risposta maggiormente articolata agli interrogativi di cui al post precedente, per la comprensione delle relazioni tra internet e scuola, può giungere da questo video, dove Carlo Infante (qui trovate un suo profilo) intervista Roberto Maragliano per la trasmissione Salva con Nome di RaiNews24.

En passant, faccio notare come la difficoltosa definizione iniziale del moderno "stare in Rete" avrebbe potuto succintamente ed efficacemente essere resa con la locuzione "abitare in Rete", ormai ampiamente accettata da chi si occupa di cultura digitale (e relativi risvolti antropologici) in Italia. Ma certo è facile dire questo, qui sul blog dei NuoviAbitanti ;)