28 ottobre 2009

Il tempo è galantuomo (ma si spicciasse...)

Ho trovato una mia mail del 2002 dove, a destinatari istituzionali o meno, riportavo gli obiettivi di un progetto che avevo contribuito a scrivere sulla base di un interesse comune, acclarato e condiviso tra i destinatari di cui sopra in quelli che si chiamano "accordi di rete".

Robe di scuola, che sembravano qualcosa da realizare nell'arco di qualche mese, e invece oggi dopo sette anni abbondanti né le infrastruttre tecniche descritte sono tutte attivate né esiste nei normali comportamenti comunicativi identificabili sul territorio (PA locali e scolastiche) una rilevabile Cultura di Rete.
La Cultura Digitale in quanto basata su precise competenze digitali e non su semplice alfabetizzazione informatica - quest'ultima auspicabilmente propedeutica, ma non sufficiente a formare un Abitante digitale - e al contempo consapevole delle dinamiche sociali su web permesse dalla connettività sta nascendo in modo molto faticoso per piccoli esempi di buone pratiche locali, mentre la visione mainstream dei media tradizionali e dell'opinione pubblica continua a raccontare questo Mondo 2.0 con i toni degli articoli di costume, del ritratto macchiettistico dei comportamenti in Rete, della curiosità esotica, oppure con i consueti toni scandalistici nei fatti di cronaca.

Dov'è l'Educazione alla Cittadinanza Digitale?

Se tuttora, nel 2009, vedo lo sguardo annebbiarsi in coloro a cui racconto un po' di questa nuova forma dell'Abitare umano nella consapevolezza tecnologica e nelle dimensioni digitali di un Territorio Aumentato 2.0 - facendo il formatore si cerca di capire quando l'interlocutore non ha ben compreso la nozione - chissà in quale angolo del cervello e della loro enciclopedia mentale i partner e i destinatari di quel progetto del 2002 archiviavano le informazioni alle riunioni di staff, mancando in loro quella cultura in grado di comprendere appieno il significato di alcuni presupposti del ragionamento.
Presupposti che oggi come allora per chi scrive vanno identificati con la promozione e la diffusione di strumenti culturali in grado di rendere i cittadini consapevoli dei loro diritti e doveri (vedi e-government, e-democracy), di moltiplicare l'efficacia dello scambio di informazioni e prassi tra gli attori sociali, di prepararsi a una rivoluzione dei paesaggi umani (fisici, mentali, digitali) armandosi a esempio di una visione sistemica degli accadimenti e di una sensibilità rinnovata riguardo la qualità di un Ben-Stare commisurato alle moderne esigenze del nostro abitare odierno.


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documento: cosa chiede la scuola al territorio (2002)
Il sistema delle Scuole Autonome del Friuli-Venezia Giulia, la cui complessità si evince dalla presenza di più di 200 Istituzioni Scolastiche, con circa 12.000 docenti e oltre 100.000 alunni, nel momento in cui le nuove tecnologie divengono un supporto essenziale per la didattica, per l'organizzazione e la comunicazione interna ed esterna, istituzionale ed inter-istituzionale, richiede la creazione di una rete telematica territoriale.

L'organizzazione della rete che si propone di istituire nell'ambito della Regione Friuli-Venezia Giulia.dovrebbe configurarsi attraverso:

1.. un sistema informativo interno ad ogni Istituto, a servizio dei docenti e degli utenti, visibile attraverso il proprio sito;
2.. una rete scolastica territoriale a supporto della progettualità delle scuole, con forti collegamenti con i servizi al cittadino;
3.. ambiti di riferimento organizzativo delle reti che si possono individuare all'interno delle aggregazioni territoriali già costituite attorno alle Aziende per i Servizi Socio Sanitari;
4.. alcuni centri polo territoriali che afferiscano ad ogni ambito, collocati presso scuole con funzioni di coordinamento ed a servizio delle autonomie scolastiche;
5.. un portale dell'Ufficio Scolastico Regionale a sostegno ed integrazione della rete dei centri scolastici;
Nell'ambito della Regione Friuli-Venezia Giulia, l'Amministrazione Regionale e gli Enti Locali afferiscono entrambi ad un unico gestore del servizio tecnologico.

Le Scuole risultano essere l'unico servizio pubblico escluso attualmente dalla rete delle istituzioni.
A supporto della rete scolastica integrata con la rete dei servizi si richiede:

a) un accesso in rete a larga banda per tutte le Istituzioni e sedi Scolastiche;
b)un servizio tecnico a supporto della rete garantito dal gestore in fase di realizzazione e di esercizio;
c) un servizio di tutoraggio alle scuole in fase di progettazione e gestione dei siti e delle attività telematiche;
d) il cablaggio degli edifici scolastici con l'obiettivo di introdurre tecnologie a livello di ogni aula;
e) una disponibilità di risorse finanziarie provenienti dalla Regione, dallo Stato, dagli Enti Locali, dall'imprenditoria locale, finalizzate al progetto della rete;
f) assegnazione di risorse umane, considerate essenziali alla continuità del servizio negli aspetti didattici e organizzativi, che al momento attuale si identifica in almeno un operatore per ogni centro polo e risorse interne adeguate alla complessità di ogni singola Istituzione Scolastica in rete;

Si propone la creazione di un coordinamento attraverso accordi di rete, sulla base di quanto descritto nel Progetto già avviato a livello regionale dalla collaborazione tra M.C.E. - Istituti Scolastici - INSIEL;

Il coordinamento generale tra Scuole, Regione, Enti Locali, Direzione Scolastica Regionale, Enti che collaborano al progetto, Gestore tecnico del servizio telematico, si auspica venga effettuato attraverso un organismo di regìa da istituire al più presto presso la Regione Friuli-Venezia Giulia.

13 ottobre 2009

Decalogo per una Carta Etica Digitale

L'Associazione INNOVATORI promuove una Carta Etica Digitale alla quale si può aderire via mail: tutti i dettagli sono sul sito di Innovatori, presenti in Rete anche con una community "di lavoro" presso questo indirizzo Ning innovatori.ning.com

Il Decalogo prende atto dei cambiamenti sociali profondi avvenuti negli ultimi 25 anni e cerca di stabilire una visione aggiornata delle modalità interattive e delle implicazioni personali - in termini di diritto del cittadino, nonché di comportamenti attenti all'ecologia umana digitale - che possa tutelare e promuovere una certa qualità degli ambienti di comunicazione online.

Si tratta quindi di una indicazione di una condotta etica, la linea delle nostre azioni in questo fare tutto sociale che è abitare la rete, i cui valori sono espressi dall'appello alle "libertà di internet" (trasparenza delle fonti, approccio ecologico rispettoso dell'ambiente tecnologico e interumano, diffusione della Conoscenza, libertà sovrana di espressione) e dalla sua indipendenza da poteri forti ad esempio di tipo commerciale, per garantire Luoghi antropici digitali di socialità dove la discussione collettiva abbia libertà di azione per elaborare la Cultura e progettare il futuro.

Le leggi degli Stati dovrebbero magari aver cura di tenere liberi e puliti questi spazi conversazionali proprio in rispetto della libertà di espressione, anziché cercare a loro volta impauriti dalla Transizione di chiudere cingere stringere normare e controllare un cambiamento troppo veloce e liquido per essere maneggiato con i vecchi strumenti.
Questo Decalogo sembra fin troppo sintetico, ma dietro ogni articolo si può cogliere un preciso problema da comprendere e risolvere, in direzione del'apertura, dello scambio e del rispetto.

Fossi un insegnante delle Superiori passerei una bella ora di lezione a discutere la Carta Etica Digitale in classe.

CARTA ETICA DIGITALE
ottobre 2009
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Art.1 (Opportunità digitale)
A chiunque deve essere universalmente garantita l’opportunità di accedere ad Internet per la diffusione del proprio libero pensiero

Art.2 (Sviluppo)
I Governi favoriscono l'accesso locale ad Internet quale sviluppo democratico della Societa' dell’Informazione.

Art.3 (Promozione)
I Governi sostengono l'utilizzo di Internet sviluppando procedure di governance che assicurino trasparenza, efficacia e tempestività nei rapporti tra Stato e cittadino.

Art.4 (Rispetto)
Chiunque nell'utilizzo di Internet e' chiamato al rispetto della risorsa tecnologica nell’interesse proprio e della collettività.

Art.5 (Verifica)
Chiunque nella diffusione di informazioni deve accertare e verificare, prima delle divulgazione delle stesse, la veridicità della fonte.

Art.6 (Segreto)
Chiunque condivide informazioni in Internet non è tenuto a rivelare la fonte dell’informazione se non su richiesta dell'autorità giudiziaria.

Art.7 (Anonimato)
Chiunque può ricorrere a sistemi di anonimizzazione etica qualora il Governo del proprio Paese ponga in atto azioni lesive verso i diritti e le libertà fondamentali dell'uomo.

Art.8 (Compilazione)
Chiunque scrive ed esegue un codice o un algoritmo informatico deve rispettare i diritti personali e patrimoniali altrui.

Art.9 (Standard)
Chiunque scrive ed esegue un codice o un algoritmo informatico deve porre ogni azione affinchè sia possibile garantire l’interoperabilità dei sistemi.

Art.10 (Gratuità)
Chiunque produce e diffonde liberamente la propria conoscenza non è tenuto alla corresponsione di alcuna tassa o esser sottoposto a vincoli di controllo.

9 ottobre 2009

Applicativi Web | 50 strumenti


A questo indirizzo di Google Translate trovate la traduzione automatica italiana di una pagina in inglese piena di strumenti per la produttività personale su web, per professionisti, ma da cui si possono ricavare interessanti informazioni sulle cose che si possono fare in Rete, spessissimo insieme ad altri colleghi o amici.
Come una lista di indirizzi dove si fanno cose collaborativamente.

Se volete potete anche contribuire alla qualità della traduzione inglese-italiano della pagina, proponendo vostre rese linguistiche a vostro giudizio più calzanti (potrebbe essere facilmente un esercizio per una classe di inglese a scuola: in fondo il suo obiettivo è migliorare l'ecologia delle interfacce linguistiche, avendo come risultato il miglioramento della qualità dello scambio culturale - chiaramente google dovrebbe offrire tutte le lingue del mondo, e tutti insieme possiamo farcela a tradurre tutto in tutte le lingue).

Non è che bisogna per forza iscriversi a qualcosa o iniziare a usare un ambiente online specifico: già sapere cosa si può fare con questi strumenti leggendone la descrizione fa venire delle idee su un loro possibile utilizzo, e ci porta a progettare.

5 ottobre 2009

TIC e apprendimento

Qualche giorno fa, in questo post qui intitolato "Le tecnologie non servono", Gianni Marconato ha provato senza menar troppo il can per l'aia a riassumere il suo approccio e le sue riflessioni rispetto all'adozione delle TIC a scuola, nella didattica quotidiana.
Quella che va tenuta ferma in questi ragionamenti è l'efficacia dell'apprendimento, non solo l'efficienza dell'insegnamento: ci viene propinata una facile equazione (strumenti migliori = maggiori garanzie di successo delle azioni formative) che può essere facilmente falsificata a esempio dal non confondere i mezzi con i fini, evitando di rivestire quindi le tecnologie didattiche di un'aura di potenzialità e di malintesa modernità che le renderebbe di per sé in grado di fare la differenza rispetto agli obiettivi scolastici.
L'affermazione di Marconato è chiarissima: un bravo insegnante ottiene successo e provoca apprendimento significativo nei suoi allievi anche usando solamente la tecnologia della parola, mentre un insegnante mediocre potrà circondarsi di mille diavolerie (ehehe) elettroniche ma comunque il suo fare risulterà inadeguato.

"Le tecnologie non servono... se non sai insegnare".

Peggio ancora, c'è in giro una cultura dell'innovazione strumentale che offusca e distoglie lo sguardo dai veri obiettivi educativi, e forse questa è il vero nemico da combattere.

Non si tratta quindi di demonizzare le TIC, anzi importantissime oggi per fare scuola in modo coerente e sintonizzato al mondo in cui viviamo, ma di ragionare sul significato di insegnamento e apprendimento.
In Rete la posizione espressa in quel post ha provocato (su Facebook, nei commenti sul blog) notevoli reazioni da parte di persone, magari docenti, che senza aver ben compreso il nòcciolo della questione si sono indignate per la pochezza con cui veniva trattata la professione dell'insegnante oppure per il sacrilegio di aver parlato male delle salvifiche tecnologie TIC.

Incollo qui l'articolo di risposta di Marconato a queste critiche e osservazioni, da cui emergono in maniera puntuale le diverse posizioni di pensiero sull'uso didattico delle tecnologie, la necessità di pensare prima all'apprendimento, e poi alle tecnologie che servono per ottenerlo (e non viceversa, come troppo spesso si fa oggi).
Interessantissima (più volte discussa in questo blog) la visione secondo cui è importante giungere alla trasparenza delle TIC nel setting e nel processo educativo.

... a meno che
di Gianni Marconato

Il mio ultimo post “Le tecnologie non servono” ha suscitato un buon dibattito in rete (anche se non ampio come “La scuola Gelmini – Israel non serve a nessuno”), con espressioni di accordo e di disaccordo su quanto affermo.
Il post mi è, anche, costato l’accusa di revisionista, passatista…
Evidentemente non mi sono spiegato bene, soprattutto per coloro che mi hanno considerato, per il post, una persona contraria all’uso didattico delle tecnologie.
Capisco che chi non conosce la mia storia professionale (di cui il mio blog dà ampio rendiconto) si possa essere fatto questa idea e capisco che il titolo possa aver tratto in inganno, ma una attenta lettura avrebbe, forse, reso comprensibile il mio pensiero nella sua articolazione.
Nel post in questione dico, al di là delle frasi forti (nessuna provocazione Francesco), dico:
  • Spesso l’uso didattico delle tecnologie è stato confuso/spacciato come innovazione tout-court e con non poche mistificazioni, vuoi in buona fede, vuoi in perfetta malafede
  • Non si può far credere (agli insegnanti, agli studenti, alle famiglie, alla società) che la nostra scuola stia migliorando grazie a massicce iniezioni di tecnologie
  • Il mero uso delle tecnologie non produce necessariamente ed automaticamente buona scuola (buon insegnamento, buon apprendimento)
  • La questione del valore aggiunto delle tecnologie è ben più complessa di quello che a tutti i livelli si fa credere
  • Un cambiamento profondo, autentico e stabile si attiva con una strategia (anche politica) e modalità operative differenti di quelle che si stanno adottando
  • In parecchi di coloro che lavorano nella filiera delle tecnologie c’è molta ingenuità e/o approssimazione (quando non furbizia)
  • Dopo tanti anni di ingenuità, sperimentazioni più spesso mal riuscite che ben riuscite, “lezioni” imparate da molti di noi, è ora pensare ad approcci organizzativi e didattici maturi, non a ripetere quelli della prim’ora

Una affermazione, forse estremistica, fatta nel post è relativa al fatto che solo un “bravo” insegnante può trarre beneficio dall’uso delle tecnologie. (Francesco Leonetti mi ha fatto notare che avrei potuto titolare “Le tecnologie non servono … se non sai insegnare). Un tempo non lo credevo, ma ne sono sempre più convinto (ed in P.S. lo argomento)

Concludevo il post “incriminato” con una proposta di ordine metodologico sulla base di questo ragionamento: “Considerato che le tecnologie dovrebbero migliorare insegnamento ed apprendimento, considerato che le tecnologie sono strumenti come tanti altri, perché non partire da problemi/obiettivi di didattica e trattare, nel contesto della loro soluzione, anche le tecnologie? Perché prima si devono imparare le tecnologie e poi il loro uso? In questo modo, a mio avviso, si rimette al centro la didattica.

Esplicitando, se ancora ce fosse il bisogno, il mio pensiero è che, oggi (non 10, 5 anni fa) le tecnologie si accrediteranno autenticamente come utili strumenti didattici se scompariranno in quanto “oggetto” in bella evidenza e diventeranno uno dei tanti tools a disposizione di insegnanti e studenti.
Le tecnologie si accrediteranno e si insedieranno stabilmente, ed i tempi sono maturi, solo quando non si parlerà più di didattica con le tecnologie ma solo di didattica, con e senza le tecnologie.
Non vi sembra giunto il tempo di rendere normali le tecnologie in classe? O almeno comportarci come se lo fossero?
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P.S. su “il bravo insegnante
Perché solo il “bravo” insegnante potrebbe tratte beneficio (= aggiungere valore aggiunto) dall’usare le tecnologie in classe e non il “mediocre”? Forse potremo dire “insegnante esperto” ed “insegnante novizio”; forse così non si offende nessuno.
Per me il “bravo insegnante” (relativamente alla variabile “tecniche didattiche”)è colui/colei che:

  • Conosce ed ha una comprensione profonda di un’ampia (meglio se vasta) gamma di tecniche didattiche
  • Sa diagnosticare, dalla prospettiva dell’apprendimento e dell’insegnamento, la situazione in cui vuole intervenire
  • Sa scegliere, in coerenza con questa, la tecnica che per lui è la più adeguata
  • Sa argomentare il perché della scelta
  • La sa implementare efficacemente

Solo un insegnante “evoluto” o “esperto”, un insegnante che ha mestiere può trovare il senso di questo ulteriore strumento (uno strumento tanto divertente quanto difficile da usare didatticamente), un insegnante competente che in virtù delle tecniche che padroneggia potrebbe, anche, fare a meno delle tecnologie (anche se credo che le tecnologie possano dare qualcosa in più).
Ma se non le ha, quell’insegnante, non sa perché usa le tecnologie e lo fa solo perché …. le tecnologie esistono, …. perché i nativi digitali, …. perché non se ne può fare a meno, …. perché altrimenti non si è al passo con i tempi, … perché, altrimenti, si fa la figura degli scansafatiche, …. perché che direbbe il dirigente.

Con il risultato di continuare a fare la solita mediocre lezione, di deprimersi dopo un po’ perché non vede risultati e di dare la colpa alle tecnologie.

Allora, il “novizio” (c’è chi rimane novizio per tutta la vita perché “fare esperienza” non vuol dire “avere esperienza”) non potrà mai accedere alla gioia delle tecnologie? Dico di si, ma questa è un’altra storia

Quindi chi ha a cuore la buona immagine ed il buon uso delle tecnologie didattiche (io sono tra questi), sia severo, sia esigente, abbia elevate aspettative e non si accodi al gregge delle pecore che belano tontamente dietro l’ultima tecnologia.