31 gennaio 2008

Cape Town, Open Education, Declaration

Sul sito della Dichiarazione è possibile sottoscrivere il documento, all'indirizzo http://www.capetowndeclaration.org


Dichiarazione di Città del Capo sulla Istruzione Aperta:
sbloccare la prospettiva di risorse educative aperte

Siamo all'apice di una rivoluzione globale nell'insegnamento e nell'apprendimento. Educatori di tutto il mondo stanno sviluppando un ampio bacino di risorse educative su Internet, aperte e gratuite per tutti. Questi educatori stanno creando un mondo in cui ogni persona sulla Terra possa accedere e contribuire alla somma delle conoscenze dell'umanità. Inoltre stanno piantando i semi di una nuova pedagogia, in cui insegnanti e studenti insieme creino, diano forma e sviluppino la conoscenza, approfondendo le loro capacità e la loro comprensione mentre operano.

Questo movimento emergente per un'educazione aperta unisce la tradizione consolidata di condividere le buone idee tra colleghi insegnanti, con la cultura collaborativa ed interattiva di Internet. Si basa sul principio che tutti devono essere liberi di usare, adattare alle proprie esigenze, migliorare e redistribuire le risorse senza restrizioni. Insegnanti, studenti, ed altri che condividono questo concetto, si stanno unendo per prendere parte ad un impegno mondiale per rendere l'istruzione più accessibile e più efficace.

La crescita della raccolta globale di risorse educative aperte ha creato un terreno fertile per questa iniziativa. Queste risorse comprendono materiali per corsi con licenza aperta, programmi didattici, libri di testo, giochi, software ed altro materiale di supporto all'insegnamento ed all'apprendimento. Tutto ciò contribuisce a rendere l'istruzione più accessibile, specialmente là dove i fondi per i materiali didattici sono scarsi. Alimenta inoltre un modo partecipativo di apprendere, di creare, di condividere e cooperare che è necessario in società in cui le conoscenze si evolvono rapidamente.

L'educazione aperta non è limitata solo alle risorse didattiche aperte, ma si fonda anche su tecnologie aperte, in grado di facilitare un apprendimento collaborativo e flessibile, e sull'aperta condivisione di tecniche didattiche che permettano ai docenti di giovarsi delle migliori idee dei loro colleghi. Il tutto può crescere fino ad includere nuovi approcci alla valutazione, al riconoscimento dei meriti ed all'apprendimento collaborativo. Comprendere ed adottare innovazioni come queste è fondamentale in una prospettiva di lungo termine del movimento.

Ci sono molti ostacoli alla realizzazione di questa visione. La maggior parte dei docenti resta ignara della crescente quantità di risorse educative aperte. Molti governi ed istituzioni educative non conoscono o non sono convinti dei benefici di una formazione aperta. Le differenze fra i tipi di licenza per le risorse aperte generano confusione ed incompatibilità. E, naturalmente, la maggior parte del mondo ancora non ha accesso ai computer ed alle reti che sono parte integrante degli attuali sforzi in direzione di un'educazione aperta.

Questi ostacoli possono essere superati, ma soltanto lavorando insieme. Invitiamo studenti, insegnanti, educatori, autori, scuole, licei, università, editori, sindacati, associazioni professionali, legislatori, governi, fondazioni, e altri che condividono la nostra visione ad impegnarsi per raggiungere e promuovere l'educazione aperta e, in particolare, li invitiamo a seguire queste tre strategie per aumentare la diffusione e l'effetto delle risorse educative aperte:

  1. Insegnanti e studenti: In primo luogo, consigliamo agli insegnanti e studenti di partecipare attivamente al nascente movimento per l'istruzione libera. Questa partecipazione comprende: creare, usare, adattare e migliorare le risorse educative aperte; adottare le tecniche didattiche sviluppate sulla collaborazione, sulla scoperta e sulla creazione di conoscenza; ed invitare omologhi e colleghi a partecipare. Creare ed usare risorse aperte dovrebbe essere considerato parte integrante del processo formativo e dovrebbe essere sostenuto e ricompensato di conseguenza.
  2. Risorse educative aperte: In secondo luogo, invitiamo insegnanti, autori, editori e istituzioni a rilasciare con licenza libera le loro risorse. Queste risorse educative aperte dovrebbero essere rilasciate sotto licenze che ne facilitino l'uso, la modifica, la traduzione, il miglioramento e la condivisione da parte di chiunque. Le risorse dovrebbero essere pubblicate in formati che facilitino sia l'uso sia la pubblicazione e che siano compatibili con le diverse piattaforme tecniche. Per quanto possibile, dovrebbero anche essere disponibili in formati accessibili a persone disabili ed a persone che ancora non hanno accesso a Internet.
  3. Politiche di formazione aperta: In terzo luogo, governi, istituti scolastici, licei e università dovrebbero dare la massima priorità alla formazione aperta. Teoricamente, le risorse educative finanziate con fondi pubblici dovrebbero essere risorse educative aperte. Le procedure di adozione e di riconoscimento dovrebbero dare la preferenza alle risorse educative aperte. Le raccolte di risorse educative dovrebbero attivarsi per includere ed evidenziare le risorse educative aperte al loro interno.

Queste strategie rappresentano non sono solo la cosa corretta da fare ma costituiscono un saggio investimento per l'istruzione e l'apprendimento nel ventunesimo secolo. Permetteranno di spostare gli investimenti oggi rivolti a costosi manuali verso un migliore apprendimento. Aiuteranno gli insegnanti ad eccellere nel loro lavoro e ad offrire nuove occasioni di visibilità e di effetto globale. Accelereranno l'innovazione nell'istruzione. Daranno maggior controllo sull'apprendimento agli studenti stessi. Queste sono strategie sono ragionevoli per chiunque.

Migliaia di insegnanti, studenti, autori, operatori e legislatori sono già coinvolti in iniziative di formazione aperta. Ora abbiamo l'occasione di far crescere questo movimento per includere milioni di insegnanti e di istituzioni da tutti gli angoli della terra, ricchi e poveri. Abbiamo l'opportunità di raggiungere i legislatori, lavorando insieme per rendere concrete le prospettive che ci si presentano. Abbiamo l'occasione di coinvolgere gli imprenditori e gli editori che stanno sviluppando innovativi modelli aperti di business. Abbiamo la possibilità di sostenere una nuova generazione di studenti che si misurino con i materiali didattici aperti, facilitati nell'apprendimento dalla condivisione della loro nuova conoscenza e consapevolezza con altri. Ma prima di ogni altra cosa, abbiamo un'occasione per migliorare sensibilmente le vite di centinaia di milioni di persone nel mondo attraverso opportunità didattiche e di apprendimento liberamente disponibili, di alta qualità e adatte alle realtà locali.

Noi, sottoscritti, invitiamo tutti gli individui e tutte le istituzioni ad unirsi a noi nel sottoscrivere la dichiarazione di Città del Capo per l'educazione aperta e, così facendo, ad impegnarsi ad attuare le tre strategie indicate sopra. Inoltre incoraggiamo i firmatari a seguire strategie supplementari per la tecnologia didattica aperta, per la condivisione delle pratiche d'istruzione aperta ed altri metodi che promuovano la più ampia causa dell'educazione aperta. Con ogni persona o istituzione che assume questo impegno - e con ogni sforzo teso ad articolare ulteriormente la nostra visione - ci avviciniamo ad un mondo di educazione aperta, flessibile ed efficace per tutti.

15 settembre 2007 Città del Capo, Sudafrica

21 gennaio 2008

Tecnoterritorialità e promozione sociale

Da Piazza Telematica, il blog dell'Informagiovani del Comune di Schio, riporto la sintesi dell'intervento di Gabriele Righetto per l'Associazione NuoviAbitanti.

Tecnoterritorialità e promozione sociale



Mercoledì 21 novembre 2007

MetaforaIl territorio è natura e tecnologia. Nuovi Abitanti è una associazione culturale per favorire e diffondere l'esercizio attivo e pieno del diritto di cittadinanza, esteso alle nuove forme di cittadinanza digitale. Essa gestisce progetti legati alla promozione sociale e all'innovazione tecnologica.

Note e scaletta a cura di Gabriele Righetto

  • Il territorio è natura e tecnologia
  • La Tecnologia è cultura contestualizzata molto spesso mal conosciuta
  • Ogni cultura e paradigma storico esprime una propria tecnoterritorialità
  • Siamo in una società glocale e biodigitale
  • Caratteri tecnoterritoriali della società contemporanea
  • Dalla tecnoterritorialità elettromeccanica ed elettromagnetica alla tecnoterritorialità digitale e web
  • Bisogno di nuovi comportamenti e nuove organizzazioni
  • La società del meticciamento
  • La società dell’iconolese e dell’anglese
  • Il borghi digitali e la geografia digitale
  • Verso una diversa urbanistica della doppia abitanza
  • Crescere nuove generazioni in crescita
  • Necessità di antropogia, paradosso della condizione adulta contemporaneo che ‘deve’ apprendere dalle ultime generazioni
  • Rischi di perdita della prima abitanza
  • Rischi di autismo informatico e onirismo mediatico
  • Una nuova creatività: la scoperta del glocale
  • La socialità in rete
  • La necessità di essere abitanti
  • Non si può esercitare la prima abitanza senza il contatto diretto con i luoghi
  • Non si può esercitare la seconda abitanza senza l’interazione nei siti
  • Si è veri abitanti se si ha la doppia abitanza
  • In un mondo complesso non si riesce ad essere soggetti attivi se non si esprime una socialità ampia che però non può poggiare solo sulla relazionalità interpersonale
  • Occorre la dimensione socioambientale
  • Dalla democrazia rappresentativa e della delega alla democrazia partecipativa
  • Riconquista di prospettive di progettazione partecipata




16 gennaio 2008

State of the Net

Dal blog di Vittorio Zambardino su Repubblica, incollo qui un'intervista/chat a Sergio Maistrello dove si parla dell'evento "State of the Net" che si terrà a Udine durante Innovaction 2008, e dove poi si prosegue con qualche ragionamento sui comportamenti sociali della parte abitata della Rete, ad esempio in relazione al caso Grillo.

L’8 e il 9 febbraio a Udine si tiene “State of the Net”, lo stato dell’arte della rete, sarebbe il caso di dire “edizione italiana”. Fra gli organizzatori c’è Sergio Maistrello . Quasi per caso su Gtalk abbiamo cominciato a parlarne, e questa ne è la trascrizione, depurata ovviamente di tutte le cose che non c’entrano e delle rozzezze dell’editing veloce, più qualche link.

Tu organizzi State of the Net . Posso dire che se guardo l’immagine che avete messo sul sito (foto in alto a sinistra) capisco che è un altro convegno dove parlerete male dei media e poi andrete a mangiare?

Puoi dirlo, ma non sarebbe del tutto vero. State of the Net è un tentativo di inserire anche l’Italia nel circuito di conferenze internazionali dedicate agli sviluppi della Rete e alle sue influenze sulla società. Il che significa avere interlocutori internazionali (Winer, Mayfield, tanto per cominciare), ma anche uscire dagli angusti dibattiti locali. L’Italia è una provincia, vista con gli occhi di Internet. Si mangerà, certo, ma si parlerà anche con professionisti competenti, a cominciare dal tuo collega Mario Tedeschini Lalli, che non è certo uno che svende il ruolo dei media, no?

Beato Mario, che può girare per convegni e invidio molto il cibo, meno il vino che non posso bere. E sono d’accordo che siamo una provincia. Ma uno dei modi per non essere provincia è fare tendenza in proprio senza importare le idee degli altri. Almeno questo penso io

Hai ragione, ma forse è necessario che l’Italia maturi ancora un po’ per fare tendenza a sé. Siamo spesso capaci di grandi aperture, ma nel contempo abbiamo una retorica sulle cose di Internet e un racconto delle tecnologie da paese medioevale. Mi piace pensare che occasioni come State of the Net, nel loro piccolo, riescano a dare un contributo in questo senso. Quanto meno questo è lo spirito con cui stiamo organizzando la conferenza (non solo io, l’idea è di Beniamino Pagliaro, ci lavora anche Paolo Valdemarin e ci sostiene la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia).

Se ti chiedessi di fare la sintesi dei contenuti di state of the net in cinque righe, cosa mi risponderesti?

Due giorni, li abbiamo chiamati “oggi” e “domani”. Oggi parliamo di numeri, economia, esperienze aziendali, comunicazione allo stato dell’arte. Domani approfondiamo le influenze su informazione, società, politica e cultura. Il tutto condito da tre keynote di indirizzo: Dave Winer, Ross Mayfield e una sorpresa che annunceremo nei prossimi giorni. Sono stato in cinque righe?

Dipende da come si intende la lunghezza delle righe, in quelle delle 61 righe di giornale, no, ma quella è una misura antiquata, nella quale voi non volete stare, con qualche eccezione di giornali amici

Touché. Pensa che sulla rivista online che mi capita di dirigere (Apogeonline) ho sostanzialmente abolito le misure, entro limiti ragionevoli. Se parliamo di Internet, non mi riconosco nei tempi imposti dagli standard del web design: c’è spazio per tutti/tutto, decide il lettore. Se parliamo di giornali, invece, le 61 battute per righe sono un limite che da buon giornalista nato sulla macchina per scrivere tendo a onorare.

61 poi erano solo a Repubblica…, fai bene a citare il tuo Apogeo on Line che è una delle poche realtà di informazione tecnologica che leggo con piacere - insieme direi a Punto Informatico e ai ragazzi di VisionPost
Ora tu non pensi che sia venuto il momento in cui si potrebbe smettere con la fase della “rete che parla di sé” e cominciare con la parte abitata della rete (l’autore di questa definizione dovresti conoscerlo) che parla del mondo? E ne parla con i media, con le forze economiche… Perché così, dico, viene meglio fuori chi siamo, perché se uno è un soggetto economico con degli interessi non smette di esserlo solo perché abita la rete…

Sì, lo penso. E mi sento di dire che è pure lo spirito con cui nasce State of the Net: non intendiamo parlarci addosso di rete, ma parliamo di realtà a confronto con la rete o di scenari in cui soggetti economici o semplici cittadini del mondo si troveranno verosimilmente a vivere. Senza alcuna ancora ideologica. Voglio dire: non è necessariamente tutto perfetto, non è tutto scontato. Ne parliamo, appunto.

Avrai seguito i commenti al post di Gilioli sull’intervista mai fatta a Grillo. Si pone una questione che mi è cara: che secondo me le dinamiche base della rete possono essere girate e usate in modo ideologico, manipolatorio dell’informazione, in modo fortemente equivoco.
Il caso dei “grillini” dimostra che si tende a vivere come vere notizie ciò che sono solo affermazione apodittiche. Non pensi che sia ormai matura una critica delle forme di “coscienza”, di auto consapevolezza della rete?
Intendo gli stessi strumenti della reputazione, della discussione, della disseminazione noi li viviamo e io li propongo in ogni sede, anche non pubblica, come strumenti di democrazia, di cambiamento e rigenerazione dei media. Poi il primo esempio concreto in cui il fenomeno prende massa critica è invece un caso clamoroso di manipolazione

I meccanismi della reputazione e dell’autoregolazione del sistema abitato della Rete funzionano se giochiamo tutti allo stesso gioco. Grillo non sta giocando il gioco che spesso invece adora sbandierare ai quattro venti. Il caso Gilioli-Grillo ne è una conferma non tanto per l’intervista mancata, che pure è un segnale estremamente interessante, quanto per la completa assenza di ogni partecipazione del comico al vasto dibattito che questi giorni lo sta interessando. Che questo produca storture come la massa di sostenitori acritici che si automotivano per abbattere in modo violento e non costruttivo ogni critica sul loro guru, mi sembra una conseguenza (allarmante, certo) di un gioco della Rete condotto senza trasparenza, ascolto e confronto aperto. E che umilia chi, tra i sostenitori di Grillo, ci crede davvero e prova a percorrere la propria via al cambiamento. Questo, sia ben chiaro, al di là della battaglia in corso da Grillo, parlo di metodo. Quindi, per rispondere alla tua domanda: io credo ancora e molto nella coscienza e nell’autoconsapevolezza della Rete, come le definisci tu. E non riconosco Grillo come un prodotto della parte abitata della Rete, per quel che conta. Dimostra semmai che è necessario investire molto su un racconto serio di Internet, elevando gli anticorpi di ciascuno piuttosto che limitando la portata dello strumento o negandone parte delle virtù.

Purtroppo io sono meno ottimista di te: penso cioè che lo strumento (le tecnologie abilitanti) siaquello che è, una rivoluzione, ma come tutte le rivoluzione si porti dentro la sua degenerazione.

Io ho un’ispirazione gandhiana, in questo. La rivoluzione è dentro noi. Gli strumenti abilitano e modificano le percezioni. Ma il cambiamento dipende da noi, oggi come un secolo fa. Per questo la Rete, che pure è un’innovazione meravigliosa, da sola non serve.

E su Gandhi siamo tutti d’accordo, anche se Gandhi era contro le ferrovie e contro i farmaci.


8 gennaio 2008

Nasce la Storia

Nel momento in cui il "personale" diventa "pubblico" nasce un'estetica completamente nuova, e un'enorme porzione delle interazioni sociali, normalmente invisibili, viene memorizzata per sempre. Come nota Charles Stross, stiamo vivendo la fine della "pre-Storia", gli ultimi giorni della storia-patchwork umana. Le vite di domani saranno ricordate dagli storici di dopodomani con strabiliante chiarezza e lucidità, ricostruite attraverso l'enorme massa di blips, twits e cirps emessi dai nostri software sociali.
Comparate a queste, le nostre vite attuali sembreranno opache e inimmaginabili come quelle vissute dai nostri progenitori che hanno abitato la stessa caverna per duecentomila anni, generazione dopo generazione, lasciando come unico ricordo nulla di più persistente di qualche osso sparso per terra.
Cory Doctorow sui diritti degli artisti. Ovvero come capire il copyright senza avvocati. :)

Fonte: Bookcafè

7 gennaio 2008

Progettare interfacce biodigitali

Progettare interfacce biodigitali per arredare gli spazi urbani, in quei Luoghi territoriali dove la città atomica e la città digitale si toccano.
Antenne, monitor, totem interattivi, segnaletica, iconografia, urbanistica digitale, e progettazione di percorsi di Abitanza.

Segnalo questo ottimo articolo di Putting People First, dove viene descritto un bel progetto Intel: "Le Atmosfere Urbane è un progetto che (video) esplora come le persone che vivono in città possono voler utilizzare la tecnologia, come questa possa aiutarli a sviluppare un senso di appartenenza e di comunità o giocare un ruolo importante nelle loro esperienze emozionali di vita urbana."



4 gennaio 2008

Le città del futuro

Una riflessione di Luca De Biase, da qui.

Le città del futuro


Argomento appassionante, le città. Perché sono il principale contesto esistenziale della maggior parte della popolazione mondiale (secondo l'Ocse). Perché sono generatori di senso e di fatica di vivere. Perché ci parlano del progetto, implicito o esplicito, sul quale la comunità a noi più vicina sembra avere per costruire il futuro.

Le città sono reti di relazioni e connessioni. Spesso si pensano come insiemi di case e strade appoggiate su un territorio, ma sono essenzialmente le persone che le abitano. Si attraversano in orizzontale ma nascondono gerarchie talvolta inestricabili. Sono piene di segni e di storia. Sono piene di sofferenze e di indifferenza. Le città sono la rivincita della geografia sulle tecnologie che si pensava le abolissero.

Sono il luogo dal quale parte la disperazione. Ma anche il centro dove nasce la costruzione del futuro. Il paesaggio industriale lascia quotidianamente il posto al paesaggio della conoscenza. Ma è una trasformazione che possiamo pensare. Dedichiamo tanto tempo a pensare internet, ma vale la pena di dedicare altrettanto tempo a pensare la città. In fondo, le nozioni di internet e di città hanno molto in comune...

Ecco alcune riflessioni sulla città che immagino si prepari a costruire il futuro:
1. La città migliore pensa al lungo termine. Il che si vede dalla sua capacità di raccontare la sua missione, identità, visione. Di definire il suo progetto. Di costruire il consenso. Di lasciare scorrere il dibattito e l'informazione libera. Per questo ci vuole, anche, una classe dirigente che sia davvero animata da uno spirito di servizio per la comunità. E una buona rete di relazioni tra università, autorità, innovatori.
2. Emergono indicatori che danno il senso dei risultati ottenuti nella direzione progettuale di lungo termine: infrastrutture e investimenti in ricerca, dotazione tecnologica e stato dell'educazione, attrazione di talenti e accessibilità, connessioni interne e collaborazione tra i cittadini, valorizzazione e produzione di cultura, ambiente e sanità...
3. Si dà un sistema di valutazioni della qualità dei sistemi incentivanti per lasciar fiorire una quantità sufficiente di iniziative tale da trasformarla in un laboratorio continuo nel quale si sperimentano le idee nuove.

Lo so... Si dicono queste cose e poi ci si guarda intorno... Ma l'utopia è una disciplina da coltivare. Imho.