28 settembre 2011

Cartografie e narrazioni per la promozione territoriale

Cartografie e narrazioni per la promozione territoriale
Con i finanziamenti di un progetto europeo Interreg alcune aziende italiane e austriache hanno avviato una collaborazione transfrontaliera per progettare e sviluppare tecnologie innovative per la promozione territoriale. Si tratta di ideare modi nuovi di rappresentare aree geografiche tramite le mappe digitali, cartografie a cui poi vanno necessariamente aggiunti degli "strati" di narrazioni territoriali capaci di comunicare le peculiarità dei Luoghi sia dal punto di vista naturalistico sia da quello antropico, relativo alle tradizioni e alla cultura.
Le narrazioni emergono spontaneamente dalle reti sociali della collettività: le conversazioni sui blog a tematica iperlocale e sui social network, oppure la comunicazione istituzionale di agenzie pubbliche e private per la promozione territoriale grazie a opportuni strumenti di ascolto possono essere aggregate e allestite sulle mappe digitali, le informazioni possono essere organizzate per offrire al potenziale turista/viaggiatore una visione "aumentata" di quel determinato territorio, per suggerire il profumo di un'esperienza originale.
Gli abitanti delle zone geografiche rappresentate sulle mappe digitali beneficerebbero essi stessi di simili strumenti di narrazione multimediale, per come oggidì diventa possibile percepire in modo nuovo i Luoghi dove viviamo, nonché partecipare grazie al web 2.0 alle conversazioni georeferenziate che intrecciandosi costituiscono il tessuto delle narrazioni territoriali. L'uso della mappa come strumento di conoscenza diventa essenziale per la gestione della complessità dei territori.


In realtà ci sono diverse problematiche da affrontare, nella progettazione di simili cartografie "aumentate":
1. dal punto di vista tecnico, come vanno utilizzati i dati georeferenziati? Oltre a informazioni fotografiche satellitari o aeree, come possono essere impiegate proficuamente delle rappresentazioni SCHEMATICHE sulle mappe?
2. va concepito un modello, un design dell'informazione per l'ideazione di format specifici per la comunicazione e le narrazioni territoriali, sostenuto da piattaforme web-based o ambienti social georeferenziati in grado di ospitare i contenuti generati dagli utenti?
3. come integrare sulle mappe digitali il bottom-up dei viaggiatori (l'insieme delle segnalazioni e dei commenti pubblicati) con la comunicazione top-down istituzionale regionale o locale?
4. le mappe dovrebbero essere in grado di mostrare (e rendere comprensibile) lo strato "simbolico" dell'abitare di una collettività, allestendo percorsi di lettura e fruizione di esperienze "esistenziali", richiami emozionali e affettivi ai Luoghi, connotazioni del Paesaggio. 
5. come rendere esportabile un "pacchetto" di viaggio, del mio viaggio in quel territorio, come un'app che altri possono fruire, o dalla quale possono ricavare informazioni?
6. in che modo le mappe a finalità turistica possono trarre vantaggio dall'utilizzo sempre più diffuso degli smartphone?
6. va forse superato il modello di GMaps, ovvero della dislocazione sulla mappa di push-pins, segnalibri o marcatori del tutto simili a quelli che eravamo soliti usare sulle mappe cartacee? In quali altri modi è possibile "navigare" un territorio, allestire la sua ricchezza e peculiarità su una mappa digitale?


Il sito di riferimento del progetto sopradescritto, denominato Mex, è reperibile al seguente indirizzo http://www.mexproject.it/http://www.mexproject.it/

23 settembre 2011

Abitare la Rete

Massimo Mantellini pone a Sergio Maistrello alcune domande riguardo l'abitare la Rete. Originariamente qui, per la rubrica Eraclito di Mantellini su TelecomItalia.


12 settembre 2011

Bricks. Ebook e Scuola

Mario Rotta, Marco Guastavigna, Noa Carpignano, Agostino Qudrino, Maria Grazia Fiore, Francesco Leonetti, Paola Limone e molti altri.
Per chi vuole leggere belle riflessioni riguardo l'ebook e il suo utilizzo scolastico, qui http://bricks.maieutiche.economia.unitn.it/?page_id=1127

11 settembre 2011

ScuolaMia, comunicazione scuola-famiglia


Un nuovo portale governativo per la comunicazione tra le famiglie e le scuole, e tra queste ultime e il Ministero: si chiama ScuolaMia, lo trovate a questo indirizzo http://scuolamia.pubblica.istruzione.it

Sulla carta sembra un buona idea, perlomeno si tratta di una novità della Pubblica Amministrazione scolastica che si rivolge ai genitori, ai cittadini. 
Mantengo alcune perplessità sulla necessità di centralizzare i servizi informativi offerti presso strutture ministeriali (le scuole devono adeguare i loro canali informativi con l'Amministrazione centrale, utilizzare anche il web pubblico e non solo le loro reti dedicate SISSI, garantire interoperabilità): se l'interfaccia con le famiglie fosse stata implementata - anche con un widget, per dire - sulle homepage dei siti web di ogni singolo istituto scolastico, obbligatoriamente in quanto sito di una PA tenuta per legge a adeguare la propria comunicazione pubblica, si sarebbe potuto innescare la partecipazione diretta dei genitori alla vita della scuola dei figli.
Costruire un'abitudine, portare a frequentare regolarmente il sito della Scuola, stringere i legami, far sviluppare dei sentimenti di appartenenza alla propria comunità educante locale, riflessa e rappresentata nei contenuti e negli strumenti relazionali predisposti sul sito web scolastico. Questo non avverrà, per i genitori che per avere informazioni si rivolgeranno direttamente a ScuolaMia.

Sulla carta, dicevamo, sembra una buona idea. Vedremo sul web.


Cos’è e a chi è rivolto
Il progetto “Servizi scuola-famiglia via web” rientra nell’ambito delle iniziative condivise tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il Dipartimento per la Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Tecnologica. 
Obiettivo del progetto è quello di mettere a disposizione strumenti e servizi online volti a favorire la comunicazione tra Scuola e Genitori, semplificare le relazioni amministrative tra famiglie e le istituzioni scolastiche, facilitare la partecipazione delle famiglie alla vita scolastica dei propri figli attraverso la realizzazione di un insieme di servizi innovativi, tra i quali la pagella digitale, le comunicazioni relative alla vita scolastica degli studenti e ai risultati degli apprendimenti, l’agenda di ricevimento dei docenti, la notifica alle famiglie in tempo reale delle presenze/assenze degli studenti e le comunicazioni scolastiche, erogati in modalità multicanale (tra cui web, e-mail e messaggistica sms).
Lo strumento che permette di concretizzare tali obiettivi è il “Portale ScuolaMia”, un contenitore all’interno del quale saranno disponibili i servizi “online” che via via saranno implementati.

10 settembre 2011

I piccoli professori fanno grande la scuola

"LA SCUOLA ha un problema solo. I ragazzi che perde", scrivevano nel 1967 i ragazzi di Barbiana. E davvero non si vede come oggi possa essere diverso. Forseè possibile che la scuola italiana sia in grado di reggere anche gli ultimi tagli di cattedre programmati per i prossimi due anni: 20.000 circa. La metafora è bizzarramente reperita da un' area semantica che potremmo definire sismica. Erisulta sinistra soprattutto perché consegna la scuola al sollievo ambiguo di essere stata per ora risparmiata. Ma la scuola non deve innanzi tutto reggere. Deve accogliere, garantire il diritto all' istruzione, essere luogo di opportunità per tutti. Deve liberare la convulsione dei desideri che abita nei ragazzi che le vengono affidati e farla diventare forza di vita. Il paradosso attuale è che la scuola dell' autonomia ha molti strumenti per diventare quello che deve essere, ovvero un laboratorio di culture, integrazione, equità sociale. Anzi, l' unico attuale laboratorio di integrazione delle diversità, perché alla scuola statale vanno ancora tutti e se funziona come deve qui si impara a costruire la convivenza vera e non una forma di rassegnata o voluta impermeabilità fra culture che vivono l' una accanto all' altra. Non si può, dice Amartya Sen, valutare la bontà di un sistema sociale da come esso "lascia in pace" le persone di diverse culture, ma da come le mette in grado di scegliere liberamente, attraverso l' istruzione e la partecipazione ai progressi sociali e politici, le proprie appartenenze. L' autonomia oggi dà alla scuola gli strumenti per "vedere" i ragazzi uno per uno ("Cara signora, lei di me non ricorderà neppure il nome", iniziava la lettera dei ragazzi di Barbiana all' idealtipo di professoressa tradizionale a cui si rivolgeva), la possibilità di pensare per loro un percorso che li riconosca diversi (la personalizzazione), di prepararli a vivere nel mondo (l' internazionalizzazione), di coltivare le eccellenze (la qualità), di abituarli ai cambiamenti che altrimenti li travolgerebbero (le competenze). Che poi la scuola riesca a fare questo lavoro proprio per ciascuno dei ragazzi che accoglie, è impossibile. E' importante però che lo possa fare quando è più necessario, ovvero per dare un' opportunità a chi arriva svantaggiato e non conosce ancora il suo valore. La scuola non ha la soluzione per ogni vita d' angolo che si presenta in aula, ma impedire alle vite escluse di arrivare nelle aule perché mancano risorse è indecente. La scuola è fatta di persone e risorse. Non si fa scuola nel deserto. Lanciare pietre sugli insegnanti e sulla scuola è facile e gratuito. Distruggere la fiducia è cosa di un momento, poi però quanta fatica ricrearla. Perché bisognerà farlo. Accusare gli studenti di essere ignoranti invece è un non senso. La scuola che provasse fastidio per l' ignoranza degli studenti avrebbe perso se stessa. E la soluzione non è mandare gli studenti ignoranti a lavorare: "Va in officina e spazza. Nelle ore libere segue le mode come un burattino obbediente. Il sabato vaa ballare, la domenica allo stadio" scrivevanoi ragazzi di Barbiana del loro amico Gianni che aveva lasciato la scuola. E oggi si torna a parlare di "classi alte", di scuola che prepara la futura classe dirigente, di scuola che "inculca" (cattivi) valori, ci si ritrova a magnificare una "retorica della fatica" dello studio riservata a pochi. Come se si potesse davvero imparare senza l' interesse e la passione. E poi, oggi, si mette in discussione l' uguaglianza. Certo che l' uguaglianza senza equitàè vuota. E allora ancora si deve parlare di risorse. L' economia della sobrietà dei mezzi è una cosa seria, e che i ragazzi la possano vedere messa in pratica a scuola attraverso un utilizzo pensato delle risorse è importante. Ma da noi si tratta d' altro. Il rapporto annuale Education at a glance 2010 ci dice che tra i Paesi dell' Ocse già siamo penultimi per la spesa generale per l' istruzione, e se considerano anche i sussidi e i prestiti agli studenti siamo proprio ultimi. Sussidi e prestiti sono fra gli strumenti che potrebbero garantire l' equità, che oggi si declina in molti modi ma che al suo grado minimo vuol dire che almeno la scuola non funzioni da moltiplicatore delle differenze sociali. Cosa che invece oggi accade sistematicamente in Italia (fra molti, si possono vedere gli studi di Gabriele Ballarino e Daniele Checchi). Ed è sorprendente che questo non risulti intollerabile alle famiglie. La vita non è altrove. E' nella scuola felicemente contaminata dal mondo e che deve continuare a non aver paura della vita e delle sue differenze. Non ci sono scorciatoie. La scuola costruisce le nostre storie personali e collettive. "La battaglia della letteratura è uno sforzo per uscire fuori dai confini del linguaggio; è dall' orlo estremo del dicibile che essa si protende; è il richiamo di ciò che è fuori del vocabolario che muove la letteratura". Così scriveva Italo Calvino. E così è per la scuola: il richiamo di ciò che è fuori, e cioè il mondo, il suo senso, muove la scuola. Poi i ragazzi e i docenti devono scriverla, la loro storia. Può essere una bella storia. E spesso lo è. (L' autrice ha scritto "La vita accanto" per Einaudi Stile Libero) © RIPRODUZIONE RISERVATA
- MARIAPIA VELADIANO

9 settembre 2011

Innovatori Jam 2011

C'è un articolo interessante di Riccardo Luna su Repubblica, dove l'ex direttore di Wired elenca i tentativi e le sperimentazioni che negli ultimi mesi hanno riguardato le pratiche italiane e europee di costruire democrazia grazie al web. 
Meccanismi comunicativi nuovi, prese di coscienza, piattaforme online per la wikicrazia, Open Data. Partecipazione libera di cittadini che contribuiscono con le idee a migliorare il funzionamento concreto dello Stato, la sua efficienza come macchina amministrativa e la sua efficacia nel provvedere qualità della vita. 

"... passare dall'e-gov, il governo che si mette in rete per dare servizi; al we-gov, i cittadini che diventano cocreatori delle politiche pubbliche."
A un certo punto Luna dice che "non è dai Governi che arriva la wikicrazia". Nell'ultimo paragrafo dell'articolo si legge che "il governo italiano è assente per ora" nella promozione di simili iniziative partecipative, benché attivo.
La prima frase, a ben vederla, è un capovolgimento logico, perché sono i Governi che arrivano dalla democrazia. I popoli hanno combattuto per avere sistemi di potere sempre più giusti e adeguati alle esigenze e ai diritti dei singoli e delle collettività: se a esempio mancasse la democrazia, quella forma di governo si chiamerebbe dispotismo. Nella parola wikicrazia è poi esplicitamente contenuto il concetto di "partecipazione paritetica", come condivisione e scambio libero e a tutti accessibile. 
I Governi possono promuovere la democrazia, confidando nel miglioramento del sistema. Possono affinare gli strumenti dell'amministrazione del territorio, possono studiare il modo per incrementare la circolazione delle informazioni e delle opinioni (come la Scuola, come la libertà di espressione e di stampa). E possono oggi imparare a ascoltare sempre meglio i cittadini, coinvolgendoli attivamente nella produzione di soluzioni e proposte. 
E' come nel caso degli Open Data: se i governi (Open Government) pubblicassero *tutto*, tutti i dati statistici e tutti gli atti amministrativi etc., i singoli potrebbero utilizzare quei dati per ricavarne delle analisi, degli studi comparativi, perfino delle applicazioni software con cui ottimizzare l'Abitare concreto e quotidiano sul territorio.
Pubblicare i dati sarebbe per i Governi un segnale di apertura alla conversazione, tanto quanto sollecitare la pubblica partecipazione dei cittadini dentro "contenitori di wikicrazia", affinché possano nutrire con idee e contenuti il dibattito pubblico. Perché i contenuti (le idee) sono di tutti, e offrire dei contenitori governativi per ospitare queste idee è una buona idea, se non vogliamo finire a parlare di queste cose su Facebook, che è un luogo privato e commerciale, mentre questi discorsi devono avvenire in piazza e non nei salotti di qualcuno, e le piazze sono pubbliche.

Ci sono stati in passato esempi di "call for ideas" governativi. La Riforma Brunetta è stata pubblicata lo scorso anno sui siti istituzionali in forma "provvisoria", sono stati aperti dei forum su cui chiunque poteva intervenire per apportare commenti e suggerimenti, e dopo qualche mese è stata promulgata in maniera definitiva.
Sempre per smentire bonariamente Riccardo Luna sull'assenza del Governo italiano nella promozione di "contenitori di wikicrazia", segnalo anche una importante iniziativa che si terrà il 13 e il 14 settembre prossimi, a cura dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie dell'Innovazione.


L'iniziativa si chiama Innovatori Jam 2011, sul sito viene descritta come un evento di massa gestito on-line che, attraverso la partecipazione e la collaborazione di migliaia di persone, consente l’emersione e la contemporanea condivisione di idee, valori, best practice e soluzioni ovvero quell’insieme di elementi che costituiscono l’”intelligenza collettiva” di una comunità.
Come in una jam session musicale, L'Agenzia governativa (con IBM) mette a disposizione di 20.000 persone una piattaforma online di discussione, dalla partecipazione libera.
Gli argomenti sono stati suddivisi secondo dieci aree tematiche:

1- Innovazione e internazionalizzazione: Italia degli Innovatori
2- Giovani, talento e merito nella ricerca e nell’innovazione
3- Start up, incubatori, venture capital
4- I ranking dell’innovazione
5- Accessibilità, apps e nuovi canali
6- Digital agenda: open data, cloud computing e banda larga
7- e-commerce & e-tourism
8- Il Codice dell’Amministrazione Digitale
9- Informazione e nuovi canali
10- Le Smart Cities del futuro?

Personalmente curerò in veste di facilitatore le discussioni sull'area di discussione n. 7 (avendo interesse all'innovazione relativa ai sistemi di rappresentazione - cartografia digitale - del territorio) e sull'area 10, sulle Smart Cities. nelle mattine del 13 e del 14 settembre. Magari andrò a sbirciare anche negli altri forum: come NuovoAbitante, sono decisamente curioso.

Per partecipare occorre iscriversi, è gratis; poi il 12 Settembre via e-mail direttamente dai promotori di Innovatori Jam 2011 riceverete tutte le info per contribuire a questa iniziativa.

Su twitter l'hashtag è #ij11.

3 settembre 2011

Zygmunt Bauman: la società di bambagia


Per quanto possa sembrare straordinario, una delle persone più eminenti intorno all'attualità e al futuro di internet e della rete, con tutti i suoi annessi e connessi per la società in cui viviamo, è un uomo nato nel 1925 a Varsavia: Zygmunt Bauman. Arrivato a Sarzana con un volo Ryanair, Bauman ha incontrato i giornalisti (affiancato dalla traduttrice Marina Astrologo) prima dell'evento che lo vede protagonista in piazza Matteotti alle 21.15, al Festival della Mente, la lectio magistralis dal titolo Sul concetto di comunità e rete, sui Social Network e Facebook
In un confronto tra Google e Facebook, Bauman trova più intelligente la strategia del Social Network più diffuso e utilizzato nel mondo - accanto a Twitter - perché «Facebook è in grado di studiare il profilo dei suoi utenti a partire da un'analisi degli amici di ogni individuo e non solo dalle preferenze o indicazioni fornite dall'utente». 
A proposito della valanga quotidiana di informazioni che ci innonda e sempre meno ci aggiorna, Bauman fa un breve cenno a «Quando ero giovane» per ricordare il senso di carenza e prosegue: «Oggi la situazione si è ribaltata. Oggi c'è una fittissima cortina e quella più densa è formata dall'eccesso di informazioni. Secondo recenti dati, un solo numero del New York Times contiene più informazioni di quante potesse raccoglierne nell'intero arco di una vita, una persona di cultura nel Rinascimento. La crescita delle informazione procede a ritmi esponenziali: una bruma informativa, per cui vedi ciò che hai a mezzo metro, registri quello che hai vicino ma non riesci a discernere dove stai andando. Da qui deriva l'ignoranza. Essere ignoranti significa non capire cosa sta succedendo e che cosa accadrà edessere costantemente scioccati da eventi inattesi. Quello che offusca è uncurtain: non un telo incolore, piuttosto un qualcosa di dipinto che brulica di immagini e impedisce di vedere e di capire cosa accade».
Dall'ignoranza all'impotenza dell'essere umano nella società liquida, dove la precarietà è un fenomeno quotidiano che colpisce gli individui sul lavoro, all'interno della famiglia e persino nelle relazioni personali. «Nella modernità liquida, che potremmo anche definire modernità di bambagia se vuoi buttare giù un muro e sferri un pugno, lo colpisci e ti pare che il pugno passi dall'altra parte ma in realtà il muro resta lì e nulla è cambiato. Ecco è questa impossibilità a conseguire un risultato che fa cumulo con l'ignoranza a caratterizzare questo nostro tempo. E ci conducono a continua frustrazioone e inadeguatezza. Continuamente siamo portati a dire: "Non so cosa succededrà, non so cosa farci e quindi sono io che sono inadeguato". Ecco perché la realtà liquida non va intesa come più leggera, al contrario come una sostanza (vedi il mercurio rispetto all'alluminio) che sembra più leggera ma ci dà la sensazione di essere più pesanti, da lì impotenza che diventa impossibilità di dare forme alle cose».
Essere soli o parte di una comunità? Queste due dimensioni caratterizzano sempre di più il nostro vivere contemporaneo ma in che misura e perché? «Sono molte le diadi, le coppie e le opposizioni di valori che parlano delle nostre necessità. Da un lato cè la voglia di partecipazione, di far parte di una comunità, dall'altra il bisogno di automnomia, per cui detestiamo che altri ci vietino di avere opinioni non conformi. Eppure, la comunità se non fai quello che ci sia aspetta da te ti mette al bando. Resta vero che gran parte dei nostri sforzi si concentrano a farci identificare come personalità unica, che comunque sia riconosciuta. Perché non c'è gioia o godimento in solitudine assoluta, quindi abbiamo bisogno binomi. Difficile conciliare la lunga lista di binomi che ci caratterizza. Va avanti così da un po' e non vedo come potrebbe cambiare».
Ma cosa spinge tutti verso le nuove comunità online? «Vedo nostalgia verso qualcosa di saldo duraturo. C'è qualcosa che delude? Non so. Fatto sta che il termine comunità era sparito dalle scienze sociali, ora sta tornando».
Le nuove comunità sono diventate anche strumenti politici e di rivolta, alla base di sommosse, proteste e campagne referendarie. Ma quale futuro hanno nel discorso politico? «Parlerei di interregno: siamo in una fase di transizione, in cui non sappiamo quale sarà il prossimo passo. Detto questo,credo sia estremamente attuale la definizione che di interregno dà Gramsci: i nostri vecchi modi non funzionano più e non sappiamo usare quelli nuovi. Non è proprio la situazione odierna? Vi ricordate la carta dei diritti di John Major? I cittadini erano clienti dello stato e come tali fruivano di servizi in modo passivo. Quindi non avevano diritto di partecipare alle decisioni. Ora con la crescente mancanza di comunicazione, tra cittadini e politica, oggi i nostri paesi non sono più in grado di offrire servizi ai cittadini/clienti. Ma c'è stato anche un divorzio tra il potere (abilità di fare le cose) e la politica (capacità di decidere cosa si si dovrebbe fare e cosa evitare). 60 anni fa si credeva politica e potere risiedevano nello stesso posto oggi il potere è emigrato nel ciberspazio ben oltre la portata umana e nessuno stato può più dirsi grande potenza, neppure gli USA. Gli stati sono impotenti e incapaci di distribuire sicurezza e servizi. E tuttavia il web, ottimo strumento per la manifestazione pubblica di questo disagio, come dimostrato dalla primavera araba, non ha ancora prodotto niente che permetta alle persone di creare nuove realtà decisionali. Possiamo rifiutare modelli e strutture (vedi nord africa), ma non sappiamo ancora come crearne di nuove».